Ora l’ancora ministro dell’Interno sostiene che con i No – i no del M5S – non si governa e ci dice che l’Italia ha bisogno di Sì. Vero. Ma quei No ci sono sempre stati e con quei No non solo si è fatto un governo ma addirittura si è firmato un contratto. Non basta lasciare quei No per avere il diritto a governare in splendida solitudine (i famosi “pieni poteri”). Si aggiunga, poi, che i sondaggi che danno la Lega con il vento in poppa sono, appunto, sondaggi che se si trasformassero in realtà comunque non darebbero a Salvini, per sua fortuna, la maggioranza assoluta. Ecco allora che Salvini deve seriamente capire cosa vuole fare da grande: il populismo, anche il suo populismo, ha condotto il Paese ad un passo dalla bancarotta e solo l’intervento dell’Europa, che ha costretto l’esecutivo a una correzione dei conti, ha evitato il peggio. La strada del far debito per risanare il debito è fallita, come è fallita la via della creazione del partito unico populista. Nonostante la crescita sondaggistica della Lega, il centrodestra è ancora l’unico orizzonte politico valido che permette all’Italia di ringiovanire. La fine del governo populista può e deve avere questo assestamento: la nuova creazione di due poli a destra e a sinistra che abbiano al loro interno una componente che ancori gli schieramenti al rispetto e al rafforzamento della democrazia liberale. In questa prospettiva, perfino il governo dei populisti non sarebbe passato invano, quasi come una provvidenziale astuzia della ragione (consentite l’esagerazione).
Giancristiano Desiderio, 12 agosto 2019