La dittatura del politicamente corretto

Orsini, i gay, i trans: il pensiero unico stronca pure Sofia Goggia

La campionessa del mondo di sci presa di mira dai censori politically correct

42.2k 101
generica_porro_1200_5

Fino a pochi mesi fa era l’eroina azzurra dello sci, due volte campionessa del mondo di discesa libera, atleta portentosa, capace di scaldare i cuori degli italiani anche a bordo pista, con il suo entusiasmo e la sua spontaneità. Ma siccome la franchezza e la libertà di parola sono diventate pericolose, la scure del pensiero unico era destinata ad abbattersi anche su Sofia Goggia.
Galeotta fu l’intervista al “Corriere della Sera”, in cui la sciatrice bergamasca s’è fatta scappare una scorrettissima battuta sugli omosessuali nel suo sport: “Se ce ne sono? Tra le donne qualcuna sì. Tra gli uomini direi di no. Devono gettarsi giù dalla Streif di Kitz…”.

Come dire: non possono esserci sciatori gay, perché non avrebbero il coraggio dei veri uomini per affrontare sfide estreme. Una sortita infelice? Offensiva? Disturbante? In un mondo in cui non si può più scherzare sulle “categorie protette”, l’effetto, inevitabilmente, è stato questo. Così, la Goggia è stata costretta a fare pubblica ammenda: si può ridere di tutto, ma non delle presunte “minoranze perseguitate”. Ciò che disturba ancora di più, però, è che nel calderone delle critiche piccate siano finite anche certe frasi ragionevolissime, sull’inopportunità di far gareggiare i transgender con le donne, pronunciate nell’interviste: “Un uomo che si trasforma in donna”, ha osservato la Goggia, “ha caratteristiche fisiche, anche a livello ormonale, che consentono di spingere di più. Non credo allora che sia giusto” consentire ai maschi di sfidare le ragazze, solo perché si sentono e si dichiarano tali.

Insomma: gli uomini sono uomini, le donne sono donne. La biologia non mente: nello sport, l’uniformazione si trasforma in un ingiusto vantaggio per i maschi. Un’ovvietà, peraltro condivisa da molte femministe, che tuttavia, per gli agit-prop arcobaleno equivale a un vilipendio. Ormai il livello del dibattito è questo: non solo è preclusa la facoltà di esprimersi liberamente; è diventato un lusso specialmente dire la verità.

Se poi ci si lascia scappare un’uscita in odore di russofilia, la frittata è fatta: la campionessa dal sorriso solare, orgoglio dell’Italia intera, finisce sulla bacheca Twitter di Gianni Riotta, il poliziotto cibernetico a caccia di “putiniani”. Il crimine della Goggia è di aver manifestato apprezzamento per le posizioni di Alessandro Orsini: “Stimolanti”, le ha definite la sciatrice, che studia scienze politiche alla Luiss e darà un esame proprio con il professore. “Dobbiamo sempre preferire la discussione alla propaganda”, ha osservato giustamente la Goggia. Visto il clima che c’è nel Paese, è sufficiente per essere considerata un’agente del Cremlino.

Ci siamo talmente abituati alle gogne mediatiche per i “devianti”, che una tirata contro l’ortodossia gender-pandemico-bellica sembra ormai un vano esercizio di retorica. Chi ha ancora a cuore ciò che contraddistingue la civiltà occidentale e la differenzia anche dalla Russia – ovvero la libertà di critica – non può comunque restare indifferente dinanzi all’aggressiva avanzata di questa forma di colonizzazione ideologica. Ci piacerebbe poter ancora fare satira su tutti; ci piacerebbe poter ancora dire che le foglie sono verdi d’estate e gli uomini sono uomini; ci piacerebbe poter ancora dire che è legittimo ragionare sulla guerra in atto, senza perciò stesso parteggiare per Mosca.

Ma come stanno davvero le cose? La gente comune ha ancora a cuore questo buon senso della libertà? Gli assalti censori fanno rumore, ma sono in fondo solo la campagna aggressiva di una minoranza organizzata? O il conformismo del pensiero, con cui siamo costantemente bombardati, ha già riprogrammato le nostre menti?

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version