Orso Trentino, l’unica soluzione è il fucile

Per difendersi dall’attacco di un animale predatore la scelta non può che essere quella dell’abbattimento

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Ai confini del parco dello Stelvio, in Ultental, a 1600 metri sopra il livello del mare, dove trascorro due o tre settimane di vacanze ogni anno da quasi quarant’anni, v’è un monumento in pietra, apposto intorno al 1990, in onore dell’ultimo orso che abitava quella valle e che l’uomo rese, appunto, ultimo. I villeggianti metropolitani e i turisti della domenica non si esimono dal manifestare, di fronte a quella statua, parole di disapprovazione per l’intervento dell’uomo e di commiserazione per l’orso. Gli stessi, quando vedono un capriolo, vanno in delirio con manifestazioni di commozione. Salvo poi ordinarlo in salmì con polenta di grano saraceno il giorno di ferragosto.

In cuor mio, invece, al cospetto della statua dell’orso – dell’ultimo orso – provai sentimenti di rassicurazione: mi sono sempre piaciute le escursioni per sentieri, anche quando mia figlia era piccola (per i suoi primi due anni la portavo dentro uno zaino in spalla), e l’idea che mai avrei incontrato alcun orso era solo rassicurante. Mi chiesi quand’è che sarebbe stato issato il monumento all’ultima vipera. Il fatto è che gli animali non m’interessano. A tal punto non m’interessano che gli unici che rammento d’aver ucciso sono le zanzare. Quando è capitato d’imbattermi in una vipera ho cercato di aggirarla o, se impossibile, di farla allontanare. Non ho idea di cosa farei al cospetto di un orso. Quanto ai caprioli, non mi commuovo se ne vedo uno, ma neanche lo invito a pranzo.

Animali domestici non ne ho mai voluti. Con un’eccezione: una gattina ­– che ho permesso invadesse il territorio di casa mia in seguito alle annose insistenze di mia figlia – alla quale finii con l’affezionarmi quanto alla mia stessa figlia. A parte questa eccezione, dunque, gli animali non m’interessano. Alcuni anni fa, anime candide di città decisero di ripopolare le valli alpine con orsi. La cosa a me scocciò moltissimo, ma i malgàri delle valli, quelli che la valle la vivono 365 giorni l’anno, li fece molto più che scocciare. Perché, tanto per dirne una delle tante, gli orsi gli uccidono le capre. La scelta delle anime candide di città si porta dietro fiumi di retorica. La stessa di cui son pregne le parole di commento “in difesa” dell’orsa che ha ucciso Andrea. Tanta retorica, altrettanta ideologia, e moltissima ipocrisia.

L’orso è un animale predatore, e ha il diritto di difendere e nutrire i propri cuccioli. E va bene. Ma la conclusione non può essere che una sola: esso non può stare dove vogliamo stare noi. Imbecilli furono coloro che, in pantofole davanti alla loro tv, decisero di ripopolare di orsi quelle valli dalle quali per la presenza dell’uomo – per l’agricoltura, la pastorizia o il turismo, o per tutte e tre le ragioni – quelle bestie furono fatte sloggiare. Detta così, la cosa, può sembrare prepotente. Detta diversamente è retorica.

I soliti ambientalisti della domenica la dicono appunto diversamente. Ma costoro vivono a Roma, senza provare alcun sentimento di colpevolezza per il fatto che il leone europeo – che abitava i Balcani e le aree meridionali di Spagna e Francia e settentrionali di Italia e Grecia – s’è definitivamente estinto 1800 anni fa. Chissà cosa direbbero i sedicenti amanti degli animali se qualche genio pretendesse di reintrodurre i leoni nel Lazio, con la motivazione che fu l’uomo “cattivo” a farli estinguere.

Dite di difendere presunti diritti che gli animali vi avrebbero confidato di reclamare, ma li conoscete talmente bene gli animali da scrivere scemenze tipo: «Al cospetto di un orso ognuno ha le proprie armi, le zanne lui e le gambe levate noi». Già, perché hanno scritto pure questo, dimenticando il piccolo dettaglio che l’orso corre con velocità che può essere anche doppia della nostra. Al cospetto dell’orso l’unica arma affidabile è, piaccia o no, il fucile. Se volete salvare gli orsi del Trentino catturateli. Tutti. E portateli dove, per ora, all’uomo non interessa andare. In Trentino, stupidi, non avreste dovuto mai portarceli.

Franco Battaglia, 13 aprile 2023

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