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Oscar 2023, segato Zelensky. E spunta il “premio-Murgia”

L’ultima follia del politicamente corretto: il premio senza distinzione di sessi. Con l’asterisco stile Murgia?

oscar 2023 Zelensky

Voi non ci crederete ma a portare la croce del politicamente corretto sono più di tutti i giornalisti politicamente corretti; e più sono politicamente corretti più la portano, e gli pesa, perché lo sanno che debbono dire un mucchio di cazzate ma, conservando a volte l’imbarazzo, si salvano nelle circonlocuzioni, nel falso asettico del chi ha detto cosa. Così l’Ansa, che è molto politicamente corretto, ha mandato un paio di lanci strampalati da New York per raccontare che i fenomeni della cerimonia degli Oscar stanno pensando ad abolire i generi: e giù il pippone, roba vecchia, superata, e per tutta l’agenzia la vasellina del chi ha detto cosa.

Tutti sul carrozzone woke

Tutelare le minoranze né maschi né femmine, rispettare come si sentono. Ma che vuoi tutelare minoranze se a Hollywood a percepirsi maschio per ragioni di attrezzatura ci sarà rimasto solo Clint Eastwood: la minoranza da tutelare casomai è lui. E non basta neppure il non binario, a sua volta superato, vecchio, ormai bisogna porsi minimo come scambio ferroviario. La questione vera, ma l’Ansa non può dirla, è molto semplice: ormai tutti corrono sul carrozzone woke, figli del loro tempo che è tempo descralizzato o meglio resacralizzato, un tempo che sostituisce le antiche divinità con il transumanesimo e il mass-radicalismo per cui a forza di esser tutto non si è niente.

Oscar, trionfa il politically correct

Chi ciufolo premiamo, si son detti i geni degli Oscar, statuetta non a caso priva di organo genitale, liscia come una bambola. Invece che premio al miglior interprete (così ce la sfanghiamo tra attor* e attric*), alla migliore tartaruga, che, come insegnava Lino Banfi al nipote rompicoglioni, “non hanno sesso, sono ricchione, va bene?”. Trattasi, per l’appunto, di mode e le mode sono dettate dal soldo; un giorno non lontano si alzerà una testa di femminista proclamando: il no-no è discriminante, è reazionario, fascista, roba vecchia, superata, riappropriarci dei sessi, scopare partendo dal sesso che si ha per approdare, magari, agli altri trentasei. Sto improvvisando, ma anche queste cappelle di fungo improvvisano sempre. Tipo quella matematica influencer che vuole abolire la matematica perché bianca e tossica. Rochelle Gutierrez si chiama, andatevela a cercare, è una talmente inclusiva da credersi l’unica fregna sulla terra.

C’è un problema, dopo gli Oscar dovrebbe toccare ai Tony, stessa cosa ma per il teatro. Ma come si fa con quel nome? È binario, è bianco, fa schifo, pensa un po’ a Tony Curtis, a Tony Bennett, a Tony Blair, tutti bianchi sono, pensa se lo viene a sapere Egonu. I Tonna, ecco, potrebbe andar bene, meglio ancora Ton*. O Tonae, come quella del corsivo. O Tonə, come Michela Murgia. Anche Oscar però non va bene, meglio Oscare, alla romana. O genderoscar, che ricorda una bibita. Va beh, se la vedessero loro sti scemi.

Zelensky ignorato da Hollywood

Una pensata bòna, comunque, i burattinai di Hollywood l’hanno fatta: per la seconda volta di fila hanno gentilmente sfanculato Volodimir Zelensky che sta alle passerelle come Gad Lerner sta agli yacht: appena ne vede uno ci si fionda al grido: non debemus, non possumus, non volumus mancare. Solo che Volly, war influencer, ha rotto i coglioni: è un male per il suo popolo, che è popolo martoriato, dà l’idea di voler passeggiare sui cadaveri per qualche riflettore in più, cioè per qualche dollaro in più.

Grammy, Golden Globes, Cannes, Venezia, Superbowl, citofono condominiale, s’è abituato bene questo maniaco imploso al punto che porta buona parte della disaffezione occidentale per la causa ucraina. Perché tutto a questo mondo a lungo andare sfinisce, anche la pietà. Cosa dice il cittadino sempre meno rispettato, sempre più manipolato? Dice: mi dispiace per la gente che affoga sotto le bombe e le macerie ma se tu sistema, per dire coacervo di poteri mediatici e informativi, mi vendi Zelensky, mi vendi l’Ucraina così come mi hai venduto i vaccini e il regime concentrazionario, io non mi fido più. E mi vanno sui coglioni anche gli invasi con le loro sofferenze. Sarà cinismo, ma c’è pure saturazione, umano impulso a difendersi. Il mondo non ne può più e l’Oscar all’invadenza a Zelly non glielo vogliono dare. Tempi duri per il Narciso con la maglietta di guerra: prima lo hanno segato al Festival di Sanremo, che è molto più importante, adesso al Festival di Hollywood: talmente inclusivo che lo escludono. Sì, ma almeno su questo prova a dagli torto.

Max Del Papa, 11 marzo 2023