Cronaca

Ossessione Covid: sui vaccini c’è chi riesce a negare l’evidenza

Dalle vicende di Ursula von der Leyen all’incredibile spreco di dosi: che show triste

© korkeng e Umnat Seebuaphan's Images tramite Canva.com

Mercoledì scorso, durante la puntata di Omnibus, condotto su La7 da Alessandra Sardoni, abbiamo assistito ad una inaspettata riedizione del cosiddetto giornale unico del virus, con tanto di una buona dose di disinformazione, così per non farci mancare nulla. Discutendo intorno alle polemiche che si stanno sviluppando intorno alla figura di Ursula von der Leyen, sul tema molto caldo legato all’enorme spreco di vaccini anti-Covid che ha caratterizzato l’Europa, la stessa conduttrice ha rilevato con piacere l’unanimità dei pareri: tutti concordi nel considerare inutili e strumentali tutte le iniziative volte ad analizzare retrospettivamente il pasticciaccio brutto dei vaccini sperimentali. Tanto è vero che la Sardoni, criticando implicitamente le forze politiche e sociali che vorrebbero far luce su quanto accaduto, ha inserito nel mucchio delle cose non importanti anche l’abominevole green pass, il quale ha rappresentato un unicum nel mondo occidentale.

Sta di fatto che agli ospiti in studio l’aver gettato nello sciacquone degli sprechi circa 220 milioni di dosi, per una stima di 4 miliardi (anche se alcune fonti parlano di una somma ancora più alta), è sembrato un inevitabile effetto collaterale di qualcosa che andava fatto. In tal senso, mostrando una invidiabile verve lapalissiana, la giornalista Claudia Fusani ha candidamente dichiarato che, riferendosi al miliardo sprecato solo in Italia, se tutti ci fossimo vaccinati secondo i – demenziali, dico io – programmi di chi all’epoca impose il siero obbligatorio, non ci sarebbe stato alcuno spreco. Ciò significa, per fare quattro conti, che per smaltire gli oltre 330 milioni di dosi acquistate da Speranza & company, avremmo dovuto vaccinare l’intera popolazione, esclusi i troppo fragili, per almeno 7 volte. E tutto questo per una malattia – il Covid – che è andata scemando nel tempo e che, ricordiamocelo sempre, non ha mai rappresentato un pericolo serio per la stragrande maggioranza delle persone in buona salute.

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Ovviamente non poteva che convenire su questa posizione anche il mitico Nino Cartabellotta, il quale ha colto l’occasione per criticare in radice l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, ritenendola inutile e dannosa. Dopodiché il nostro, che è stato presentato dalla Sardoni come un uomo particolarmente attento ai dati, ha messo sotto accusa i vari governi che si sono finora succeduti, compreso l’attuale guidato da Giorgia Meloni, rei di aver progressivamente tagliato la spesa sanitaria. Ebbene, secondo questo genio che ci allietato durante la pandemia con le sue stime catastrofiche – che per la cronaca non si sono mai avverate – in Italia la spesa sanitaria pro capite si aggirerebbe intorno agli 800 euro, per un totale di circa 47 miliardi di euro.

In realtà il buon Cartabellotta, dopo essersi caratterizzato come campione ineguagliato delle stime per eccesso, oggi commette una clamorosa topica per difetto, visto che la spesa del Servizio sanitario nazionale nel 2023 ha sfiorato i 140 miliardi di euro, mica bruscolini. Insomma, per concludere, sebbene il delirio pandemico si svanito da tempo, quando si parla di Covid il binomio unanimismo/disinformazione continua a farla da padrone.

Claudio Romiti, 3 aprile 2024