L'accordo Israele-Hamas

Ostaggi, Zaki festeggia per la liberazione… dei palestinesi

Tregua a Gaza: Hamas libera 13 israeliani rapiti durante l’attacco del 7 ottobre. Ma l’egiziano non esulta per loro

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Patrick Zaki ostaggi Israele-Hamas

Patrick Zaki è senza dubbio il più grande caratterista dei nostri tempi. Siamo a livello di Alvaro Vitali, di Sora Lella, di Mario Brega, forse ancora più in alto. Quando Zaki si mostra al pubblico già si sorride, già si pregusta il momento in cui aprirà bocca. Perché se c’è una mossa fuori luogo da fare, lui la fa, se speri che non dirà una scemenza, lui la dice.

Ieri sono stati rilasciati i 13 ostaggi israeliani, rapiti dalle loro case il 7 ottobre, nello stesso giorno, a Gaza sono entrati 137 camion di aiuti umanitari dell’Onu. Il prezzo di questa tregua sono stati ben 39 prigionieri palestinesi liberati da Israele, di cui non sappiamo ancora le biografie, ma che, se sono stati selezionati dopo più di un mese di estenuanti trattative con Hamas, di certo non si trovavano in galera per divieto di sosta, si mette in conto che torneranno a rimpinguare le fila dei terroristi attivi nei territori palestinesi.

Ora, il nostro dottore egiziano-bolognese, che siamo soliti vedere interpellato in prima serata come un novello Pasolini, non poteva esimersi da commenti, lui che come tanti giovani nostrani è un fervente sostenitore della pace e dei diritti. Avrebbe potuto gioire per la liberazione degli ostaggi, auspicando altri rilasci come primo passo per la pace, avrebbe potuto celebrare il fatto che tanti bambini di Gaza riceveranno medicinali, acqua e cibo, insomma avrebbe potuto esibire il solito repertorio di ovvietà che fa andare in brodo giuggiole Fazio e Telese.

Invece no. Sul suo profilo Twitter, lo stesso su cui ha condiviso le foto della fiaccolata contro i femminicidi scrivendo “Per Giulia, Per tutt3”, Zaki pubblica il video di un consesso di donne velate e uomini barbuti che si baciano e si abbracciano, e scrive trionfante (in italiano): “La gioia delle famiglie con l’uscita dei prigionieri palestinesi”. È spiazzante la mancanza di lucidità intellettuale che impedisce a Zaki di capire che la liberazione di quei prigionieri è il risultato degli omicidi, stupri e rapimenti del 7 ottobre, e della sanguinosa guerra che ne è scaturita, che la cultura di cui si fanno portavoce è la stessa di chi lo avrebbe tenuto in carcere a vita (lui, laureato in studi di genere), che la mentalità di cui si nutrono è quella che ha sempre impedito la formazione di uno stato palestinese da lui tanto desiderato.

Ma tutto è spiegabile se si interpretano le idee di Zaki non come un’ideologia, ma come una religione. Una religione a cui aderisce la maggior parte della classe culturale italiana, la quale sostiene i diritti di tutti e quindi di nessuno. Una religione che vuole pene durissime per i femminicidi ma chiede di abolire le carceri, che vuole riconoscere ai musulmani il pieno diritto di esprimere le propria cultura ma che vuole il rispetto delle donne, che vuole combattere i bulli a scuola ma che combatte le sospensioni e le bocciature, che vuole strade sicure e senza criminali ma che non vuole poliziotti con manganello e manette.

Questo medioevo ideologico, nemico della razionalità, che in questi giorni di isteria collettiva si sta rivelando in tutte le sue contraddizioni è il problema culturale principale del nostro paese. E Zaki ne è la più goffa rappresentazione.

Pietro Molteni, 25 novembre 2023

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