Alleanza sino-russa

Pace cinese e accordi economici, cosa nasconde il patto Xi-Putin

Si è conclusa la seconda giornata del leader cinese a Mosca. Putin e Xi hanno sottoscritto una dichiarazione formale congiunta

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Terminato anche il secondo giorno di colloqui tra Xi Jinping e Vladimir Putin. Dopo l’arrivo 48 ore fa del leader cinese su territorio russo, i capi delle due superpotenze si sono lasciati ad un incontro di quattro ore e mezza, in cui si sono sfiorati tutti i temi che saranno trattati durante la visita di Xi, prevista fino al 23 marzo. Ieri, dopo un colloquio privato di oltre due ore, i rispettivi membri delle delegazioni hanno dato atto dell’incontro in una sessione pubblica, anche con la presenza di Putin e Xi Jinping.

Il tema cruciale, naturalmente, è stato il conflitto in Ucraina, seguito dalla sottoscrizione, da parte dei due leader, di una dichiarazione formale congiunta. Mosca ha dichiarato di valutare seriamente il piano di “pace” cinese, proposto in 12 punti poche settimane fa da Pechino. Il dittatore comunista aveva promesso di contattare telefonicamente Volodymyr Zelensky al termine dell’incontro con Putin, cosa che però – fino ad oggi – non è ancora avvenuta. Ed è lo stesso presidente ucraino ad averlo rimarcato nella giornata di ieri. “Abbiamo offerto alla Cina di diventare un partner nell’attuazione della formula di pace. Abbiamo trasmesso la nostra formula su tutti i canali. Vi invitiamo al dialogo. Aspettiamo la vostra risposta“, ha detto Zelensky in conferenza stampa, aggiungendo di “ricevere segnali, ma niente di concreto” in questa fase.

“Dialogo responsabile”

Intanto, almeno sotto il profilo formale, Cina e Russia si fanno portatrici di un “dialogo responsabile”, chiedendo “di fermare tutte le mosse che portano a tensioni e al protrarsi dei combattimenti per evitare che la crisi peggiori o addirittura vada fuori controllo“, ha specificato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying. Il dato, ovviamente, fa riferimento alle scelta Usa di accelerare l’invio dei tank Abrams, ma soprattutto la mossa del Regno Unito di fornire a Kiev munizioni all’uranio impoverito, su cui Putin ha promesso che la Russia non starà a guardare.

Per approfondire:

Gas russo in Cina

La dichiarazione congiunta di Putin e Xi, per di più, presenta notevoli passi in avanti sotto il profilo commerciale ed economico. Da una parte, i due leader hanno sancito uno scambio intercommerciale che supererà i 200 miliardi di dollari solo nel 2023; dall’altra, sono stati concordati i parametri per la costruzione del gasdotto Forza della Siberia 2 per l’esportazione di gas russo in Cina, che si aggiungerà al Forza della Siberia 1, attualmente già funzionante. Un chiaro smacco all’Europa, dopo la decisione della Germania di far saltare le forniture di gas di Mosca con Nord Stream 2, e dopo le continue interruzioni di Gazprom del metano arrivante nel Vecchio Continente con Nord Stream 1.

L’obiettivo, comunque, è quello di “rafforzare il coordinamento tra Cina e Russia”, ha specificato Putin, il quale ha aggiunto di voler conseguire anche il primato nel campo dell’intelligenza artificiale, sempre insieme all’alleato cinese. Altro segno di cooperazione tra le due potenze è la scelta del Cremlino di “utilizzare lo yuan cinese nei pagamenti con Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina”.

Xi e Putin contro l’Onu

Netta anche la posizione contro le sanzioni occidentali. Sempre nella dichiarazione congiunta, si legge che Xi e Putin ripudiano tutte le “sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Per risolvere la crisi ucraina, si devono “rispettare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi, prevenire scontri tra blocchi ed evitare di alimentare il fuoco“.

Potremmo definirla una prima presa di posizione della Cina, la quale ha sempre manifestato la propria contrarietà all’applicazione delle sanzioni, pur sempre rimanendo in un campo di ambiguità, senza mai attaccare direttamente le Nazioni Unite. Questa volta, invece, la mossa di Xi sembra essere quella di sbilanciarsi leggermente, indicando pure un chiaro disinteresse verso il leader ucraino Zelensky, nonostante Pechino e Mosca continuino a parlare costantemente di “pace”. D’altro canto, però, i colloqui si avviano sempre in due, e pare difficile che la Cina possa farsi portatrice di un negoziato senza sentire il parere di Kiev. Soprattutto, senza offrire lo stesso trattamento che il Dragone sta riservando al Cremlino.

Nel frattempo, l’agenzia russa Ria Novosti ha annunciato che Putin sarà invitato a Pechino entro la fine del 2023. Un altro incontro che sancirà, forse in modo definitivo, quella che potrebbe essere un’alleanza potenzialmente devastante contro il mondo atlantico e occidentale. Molti, però, sono ancora i dubbi da sviscerare, soprattutto per Mosca: lanciarsi nelle braccia dell’economia cinese conviene fino in fondo? Cosa succederà al termine del conflitto in Ucraina, soprattutto se Putin dovesse uscirne sconfitto? La Russia accetterà di dipendere fortemente dal mercato di Pechino, acconsentendo ad un ruolo strategico secondario? Tutto domande ancora senza una risposta chiara.

Matteo Milanesi, 22 marzo 2023

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