Se a Roma c’è un giudice, dev’essercene anche un altro che annulla il lavoro del precedente.
Ha quasi dell’incredibile, la storia della sentenza del Tar Lazio, che alcuni giorni fa aveva sospeso il famoso protocollo Speranza, quello basato su “paracetamolo e vigile attesa” e che, si leggeva nel dispositivo, “anziché dare indicazioni valide sulle terapie da adottare a domicilio”, riporta “un lungo elenco delle terapie da non adottare”. Ponendosi così “in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia”: compito del dottore, infatti, non è mettere in standby il paziente, bensì “agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito”. Insomma, per i giudici amministrativi di primo grado, il protocollo Speranza impediva ai medici di fare i medici e ai pazienti di curarsi.
Fin qui, tutto bene. Il ministro aveva fatto l’ennesima figuraccia e, soprattutto, giustizia sembrava fatta. E invece… E invece, ieri, nientepopodimeno che con “decreto monocratico”, il presidente del Consiglio di Stato (l’organo amministrativo d’appello), l’appena nominato Franco Frattini, ha sospeso la sentenza del Tar del Lazio. Il motivo? Reggetevi forte: le linee guida del dicastero, contenute nella circolare sulle terapie domiciliari, erano solo “raccomandazioni” e non “prescrizioni vincolanti”. Come dire: se i dottori avevano tanto a cuore la salute dei pazienti, potevano anche bellamente fregarsene e agire di conseguenza.
In effetti, qualcuno l’ha fatto. Ed è grazie a questi pochi coraggiosi, che abbiamo capito anche in Italia che il Covid è curabile, che esistono trattamenti efficaci, che, soprattutto prima dell’arrivo dei vaccini, ma anche ora, come strumento complementare di lotta contro la malattia, si sarebbe potuta evitare un’ecatombe. Tuttavia, non tutti sono eroi. Non tutti hanno la forza di remare controcorrente, attirandosi talora calunnie da parte dei colleghi e incappando nell’ostracismo delle autorità, o magari rischiando la sospensione dall’Ordine, come il dottor Geraldo Torre, l’uomo che ha curato a casa 3.000 pazienti e che è finito alla sbarra, dinanzi agli altri medici, per non aver “rispettato le disposizioni previste dal protocollo nazionale in materia di cura della patologia Covid-19”. Ma come? Non s’era detto che quel regolamento non conteneva “prescrizioni vincolanti”?
Fatto sta che esso ha prodotto conseguenze nefande per un numero indefinito e sicuramente enorme di malati. I camici bianchi meno audaci, o che semplicemente si sono fidati dell’autorità competente, lo hanno seguito pedissequamente. Molti nostri concittadini, che si potevano salvare con un trattamento precoce tutto sommato semplice e poco dispendioso, non ci sono più. E il Consiglio di Stato che fa? A tempo di record, soccorre Speranza e sospende la sentenza dei magistrati di primo grado.
Uno dei cardini della democrazia liberale è il principio dei pesi e contrappesi istituzionali. Ecco: ora il piattino pende mostruosamente a favore dell’arbitrio sconsiderato e mortifero dei governi in carica. Chi ha voglia di riequilibrare un po’ la bilancia?