Articoli

Parole vuote, programmi astrusi e sigle incomprensibili: così hanno rovinato la scuola - Seconda parte

Ecco un’altra perla: «Le tossicodipendenze, l’AIDS, l’insuccesso scolastico, la devianza e la delinquenza sono stati identificati come mali comuni che si sviluppano in condizione di disagio sociale e scolastico e che vanno combattuti con strategie unitarie attraverso la promozione di iniziative antagoniste». Qui di antagonismo, c’è solo quello alla ragione: l’AIDS e l’insuccesso scolastico si possono mettere sullo stesso piano? Potremmo andare avanti per pagine, sempre più ridicole. Ma leggendo Monello il sorriso iniziale si trasformerà in una smorfia di orrore.

Lasciamo a voi il piacere di decrittare le seguenti sigle: GLIP, GLIL, GLH, GLI, CTS, CTI, BES, PEI, PAI, PDP, PTOF, CDC, DS e fermiamoci qui, con il fantascientifico MARTE (ve lo diciamo noi: moduli di apprendimento su reti tecno-educative). Lasciamo a voi il piacere di scoprire come si possa sospendere senza sospendere e punire senza punire. Lasciamo a voi il piacere di scoprire cosa significano le seguenti espressioni: fluidificazione dei contenuti, destrutturazione della didattica disciplinare, superamento della classe. Provate voi a distinguere tra didattica personalizzata e didattica individuale. Assaporate voi la differenza tra UD (unità didattica), UDA (unità didattica d’apprendimento) e UA (unità d’apprendimento). Le UA sono roba dell’altro mondo: «All’inizio dell’anno scolastico, il docente tutor e il gruppo di docenti con cui lavora, alla luce della situazione e dei bisogni formativi degli allievi e delle domande espresse dalle famiglie, fanno una ipotesi di lavoro di massima, per schizzi». Per schizzi, non si sa di cosa.

Le nozioni sono superate e anche un po’ fasciste. Nella scuola di oggi tirano le democratiche «competenze». La «lezione frontale» dalla cattedra è tirannica. Oggi si «favorisce l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue preferenze e del suo talento». Magistrale. Mai però come l’obiettivo finale: «Il successo formativo può assicurare alla nostra società l’apporto creativo e professionale di persone dotate di normale intelligenza e a volte anche di talenti spiccati». A volte. Se capita. Per caso.

Alessandro Gnocchi, Il Giornale 31 luglio 2019

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva