Giovedì scorso, Papa Bergoglio è andato in visita privata al carcere di Civitavecchia, celebrando il tradizionale rito della “lavanda dei piedi”. Il Pontefice, alla presenza anche del ministro della Giustizia Marta Cartabia, durante la liturgia ha riservato questa particolare attenzione a 12 detenuti, uomini e donne, tra cui persone di età diversa e di diversa nazionalità. Dopodiché ha intrattenuto i presenti con una predica, particolarmente elogiata dal Tg3 delle 12, contenente i suoi principali cavalli di battaglia sul piano della moralità sociale, per così dire: l’anticapitalismo, l’avversione alla umana ricerca del proprio interesse e il pauperismo cristiano, di evidente ispirazione francescana.
“Tutti i Giovedì Santo leggiamo questo brano del Vangelo: è una cosa semplice – ha esordito il Papa. Gesù, con i suoi amici, i suoi discepoli è a cena la cena della Pasqua; Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli – cosa strana quella che ha fatto: a quel tempo i piedi li lavavano gli schiavi all’entrata della casa. E poi, Gesù – con un gesto che anche tocca il cuore – lava i piedi al traditore, quello che lo vende. Così è Gesù e ci insegna questo, semplicemente: fra voi, dovete lavare i piedi. È il simbolo: tra voi, dovete servirvi; uno serve l’altro, senza interessi”. “Che bello sarebbe – ha poi aggiunto – se questo fosse possibile farlo tutti i giorni e a tutta la gente: ma sempre c’è l’interesse, che è come una serpe che entra. E noi ci scandalizziamo quando diciamo: ‘Sono andato a quell’ufficio pubblico, mi hanno fatto pagare una mancia’. Questo fa male, perché non è buono. E noi, tante volte, nella vita cerchiamo il nostro interesse, come se noi facessimo pagare una mancia tra noi. È importante invece fare tutto senza interesse: uno serve l’altro, uno è fratello dell’altro, uno fa crescere l’altro, uno corregge l’altro, e così bisogna fare andare avanti le cose. Servire!”
Ecco, in questo breve discorsetto si scorge l’essenza dell’utopia collettivista, in qualunque declinazione la si voglia intendere. Una utopia con cui si demonizza ciò che alcuni decenni orsono veniva definita, soprattutto dai radical chic di sinistra con l’attico ai Parioli, la “nefanda” logica del profitto. In tal senso sarebbe il caso che qualcuno facesse osservare al buon Bergoglio, il quale umanamente mi ha sempre ispirato grande simpatia, che i sistemi politici che hanno realmente messo in pratica i suoi auspici, grondano ancora sangue, avendo creato solo enorme povertà e sofferenza ai popoli a cui avevano promesso l’Eldorado socialista.
Tutto questo, così come ancora oggi sottolinea il Capo della Chiesa Cattolica, nell’insensato tentativo di confutare la logica fondamentale che ha permesso all’uomo moderno di raggiungere elevatissimi livelli di benessere diffuso: la libera facoltà, entro una cornice di regole, di perseguire il proprio legittimo interesse. Potremmo definire questo finora insuperato principio “la legge di Adam Smith”, il grande filosofo liberale che, a caratteri d’oro, scrisse una frase che racchiude l’essenza ultima della “Ricchezza delle nazioni”: “Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse.”
Anche perché, se nessuno ha interesse a progredire economicamente, seguendo in tutto e per tutto il richiamo francescano ad una esistenza estremamente frugale, le eventuali risorse da destinare a chi ha veramente bisogno, secondo un modello di avanzato sistema liberale, non esisteranno mai.
Certo è che rispetto ad alcuni Pontefici del recente passato, tra cui quel Sant’Uomo di Giovanni XXIII, coi suoi celebri richiami a “tutti gli uomini di buona volontà”, molta acqua sembra passata sotto i ponti del Vaticano dalla fine della “guerra fredda”. La vecchia contrapposizione, arrivata fino ai giorni nostri, tra Peppone e don Camillo, simbolica allegoria politica in salsa popolare creata dal grande Guareschi, sembra essere del tutto tramontata con il “Papa venuto dalla fine del mondo.”
Claudio Romiti, 17 aprile 2022