Patriarcato gaio: che ridere le molestie sotto il carro di Elly Schlein

Quattro giornaliste denunciano di aver subito una violenza mentre attendevano l’intervista della segretaria dem. E il Pd se ne lava le mani

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Il mondo all’incontrario va in scena all’ennesimo gaypride acchiappavoti piddino, questa volta a Milano, dove “proprio sotto al punto di stampa di Elly Schlein”, segretaria fin qui fallimentare ma portata in processione come la madonna fluida, quattro e diciamo 4 giornaliste sono state strusciate palpeggiate molestate esibite da un provocatore sicuramente “fassista”. Dice subito il Pd pilatesco: ah, non è un iscritto, non è roba nostra. Ma basta a lavarsene le mani? Come fanno a dire che non è dei loro? Li schedano, i militanti? Li identificano subito con la app-ride? Se sanno chi è, perché non lo dicono? Com’è che, sicuri come sono, nessuno ha provveduto per tempo? Tra le torturate, una giornalista di Fanpage, a questo punto verosimilmente in missione coperta a caccia di fascisti. Cos’era, un’operazione di complemento all’altra col contorno dei Saviano e dei Formigli per scovare i nostalgici dell’Olocausto di Fratelli d’Italia, ma mai quelli che covano le stesse voglie nei centri sociali, alle commemorazioni di Baffone Stalin, ai cortei pro Hamas pieni di militanti piddini?

Comunque, la cosa è irresistibile. Vanno al gaypride piene di ottime intenzioni, e si ritrovano dietro qualcuno che si appoggia. Già che c’è, la nostra Amanpour di Fanpage ci infila pure un accenno di cambiamenti climatici, che non guasta: “Stava per piovere ma c’erano 34 gradi”. Terribile, e, soprattutto, fondamentale ai fini giornalistici. “Sapevo che era come temevo, ma ho avuto paura a rendere esplicito il mio disagio”. Gemeva e temeva, poveretta: ma è giusto, che figura, che cattiva pubblicità dire esplicitamente che ai gaypride ci sono quelli che molestano. Le donne, per giunta. E dire che avevamo capito non fossero, queste, azioni riprovevoli; ci hanno fatto una testa tanta per dire che le provocazioni, le lingue di fuori, i bambini al guinzaglio, i partecipanti a quattro zampe, i sadomaso ed ogni genere di pagliacciata oscena non fossero altro che “diritti”, che gli abusi stavano altrove, per esempio tra gli sfigati del Pro Vita, che la loro era una festa, che la segretaria se la spassava un mondo in quel baraccone, che tutti dovevano poter essere come erano.

E adesso, cos’è questa faccenda per cui quattro croniste si percepiscono molestate?

Per la precisione, quattro donne e un maschio, salvo autopercezioni: già meglio, già più coerente, qui non si fanno distinzioni di sorta, “il culo non ha età” come diceva il contadino a Mimmo – Verdone, e neanche anagrafe. Ecco, già qui la matrice gayopiddinofluida pare più verosimile.

“L’uomo in questione non ha niente a che fare col Pd”. Se lo dicono loro. Ma basta questo? E se è di una filiale? Se è un simpatizzante senza tessere, le cose migliorano? Se è un semplice habitué di questi pride dei “diritti” e delle libertà, le cose cambiano? Su, signori e signorinelle pallide, siate seri: ai pride acchiappavoti del Pd questa è la norma, e chiunque li bazzichi ve lo potrà confermare. In quel bailamme dove è “politico” perdere decenza e freni inibitori, non è più possibile e tutto sommato logico distinguere tra esibizionismo e molestia, tra rivendicazione, non si capisce di cosa, e prepotenza.

Fatevene una ragione. Prova ne sia che il fantomatico Cazzolesto, ammesso poi non fosse un trans, un glbqioia+++—–, ha potuto contemplarne, diciamo così, quattro più uno, non una, cinque in totale, una mattanza, senza che nessuno intervenisse; ed è molto difficile credere che nessuno se ne fosse accorto, visto che i racconti delle sconvolte giornaliste sono molto espliciti, molto particolareggiati. Se poi in quattro si lasciano aggredire in quel modo senza opporsi, vuol dire che o non solo sicure neanche loro, cioè il contesto le condiziona, suggerisce loro che la procedura è in qualche modo normale, oppure che sono frenate dal loro ruolo di giornaliste di supporto. Perché se non condividi “quella robina lì” (come direbbe Spalletti, l’immaginifico), a sudare a 34 gradi sotto il carro di madame Elly non ci vai. Difatti, vedi un po’ per chi lavorano, almeno 2 su 5.

E la gloriosa comunità comunista lgbt? Niente, muti come tombe. Non li riguarda. Non gliene frega un cazzo, è il caso di dire. Ma bravi. E i diritti, le garanzie, le tutele? Eeeh, amic* mi*… I membri, absit, del Politburo? Niente, manco loro, tutti rifugiati nell’angolo del benaltrismo, “c’è ben altro di cui discutere”. Benaltrismo peraltrismo, benaltrismo a pera. O penaltrismo, dato il caso particolare. In compenso, si spenzola l’associazione giornalista italiane: “Siamo vicine ai colleghi molestati”. In che senso?

E insomma, al Pd tutti costernati, perfino indignati, ma non si capisce bene con chi: Con “le destre”? Con i provocatori fassisti? I negazionisti del climah? I novaxxx? Non fosse da piangere, sarebbe tutta da ridere. Ma infatti non c’è niente da piangere, è una roba che affoga nel ridicolo e perfino nel grottesco. Ai gaypride acchiappavoti piddini si molesta a raffica e i piddini, i gender, i Lbgq, guardano da un’altra parte, se ne sciacquano vigorosamente le mani: “Non è dei nostri”. Su questo, ci perdonerete, manteniamo il beneficio d’inventario; e lo scioglieremo solo dopo la cartina di tornasole della magistratura. Perché se il reo confesso o identificato verrà mandato a processo, e quindi stangato con sentenza esemplare, si può star certi che, effettivamente, non è in alcun modo nell’alone piddino e gaypiddino. Se invece se la cava, se finisce a taralli (absit injuria verbis) e vino, allora effettivamente è uno della Ditta, e come tale la fa franca.

È più che probabile, lo ribadiamo, che il palpeggiatore di culi femminili, ammesso che una distinzione sia ancora possibile, per giunta al gaypride acchiappavoti, sia piddino: però carta canta, le ragioni per questo micromondo al contrario, questo patriarcato gaio, allegro, arcobalenato, possono essere tante: la provocazione, il caldo, la messinscena, il gesto situazionista. Comunque Elly madonna ha promesso che farà chiarezza, e se Elly ha promesso, state pur certi che mantiene. La sua è una promessa comunista. Una promessa elettorale. Sarà una convergenza circolare lungo la sentieralità accidentata del percorso laterale che porta ai diritti parallelari nella verità identificatorialista.

Ma sì, dai, Elly, faccelo vedè, faccelo toccà, il reprobo: siamo qui che moriamo dalla voglia di guardarlo in faccia, uno che va al gaypride a sfrigolarsi contro le donne “e il suo membro non si è mai staccato dal mio sedere”. Sia come sia, signore e signorine, vere o percepite, una avvertenza: se non volete venire molestate, non andate ai pride piddini. Se invece è una sensazione lontana, che magari larvatamente rimpiangete, fateci un salto: troverete “pane pe i tuoi tente”, come diceva Cecco, il fornaio della signora Pina.

Max Del Papa, 1 luglio 2024

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