Ieri è arrivata la svolta sulla riforma del Patto di stabilità. Nel corso dell’Ecofin straordinario, organizzato in video-collegamento, è stata trovata l’intesa sul compromesso franco-tedesco, a cui ha contribuito l’Italia. Fortemente critico fino a poche prima, il governo italiano s’è detto d’accordo in nome dello “spirito di compromesso”. “È stato trovato un compromesso di buonsenso, il Patto è migliorativo rispetto al passato”, il commento soddisfatto del premier Giorgia Meloni. Il testo definisce regoli fiscali “più chiare e realistiche”, secondo gli attori della trattativa, con l’obiettivo di garantire investimenti e riforme.
Il nuovo Patto di stabilità si presenta come molto più complesso di quello vecchio e si pone una serie di obiettivi: in primis mantenere una rigida sostenibilità fiscale, ma anche non affogare la crescita tenendo presente investimenti e interessi del debito, in particolare in un periodo transitorio triennale, dal 2025 al 2027. Il percorso di rientro strutturale del deficit per i Paesi come l’Italia ha un parametro fisso, lo 0,5%, ma la velocità della correzione può cambiare: un governo può chiedere alla Commissione Ue “di concordare una traiettoria tecnica che non blocchi gli investimenti e tenga conto dell’aumento degli interessi”.
Su richiesta esplicita di Berlino, il Patto di stabilità comprende la salvaguardia che obbliga i Paesi che sono già rientrati sotto la soglia del 3% ad arrivare all’1,5% del deficit/Pil per avere un cuscinetto anti-crisi. Prevista una exit strategy per gli Stati membri con un debito superiore al 90% del Pil, ossia la riduzione del deficit dello 0,25% annuo su un totale di sette anni invece dello 0,4% su un totale di 4 anni. L’unico rammarico per l’Italia, confermato da Meloni, riguarda il “no” dell’Europa alla golden rule sugli investimenti. Ma il governo non ha intenzione di restare a guardare: “La battaglia continua”.
Chiusa la partita del Patto di stabilità entra nel vivo quella del Mes, un braccio di ferro delicato nel governo e nella maggioranza. L’epilogo è incerto ed è impossibile escludere colpi di scena. Molto dipenderà dal voto, lo scenario è quello di un rinvio a gennaio. Giorgetti ha posto l’accento sui possibili effetti che una mancata ratifica del cosiddetto Salva-banche avrebbe sui titoli di Stato italiani, ma Lega e FdI fanno resistenza. La bocciatura in Parlamento sarebbe rischiosa, per questo si prenderà tempo. Una via d’uscita c’è: una clausola che vincola l’utilizzo del Meccanismo da parte dell’Italia a un voto a maggioranza qualificata in Parlamento.
Franco Lodige, 21 dicembre 2023