Salute

Payback sanitario devastante per le imprese: ecco i numeri del disastro

Una spada di Damocle che pende sulla testa di un intero comparto: i dati dell’indagine del Centro Studi di CDM confermano il disastro

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Gli effetti devastanti del payback sanitario sono visibili a occhio nudo, non ci sono dubbi. Introdotto nel 2015 dal governo di Matteo Renzi – con ministro della Salute Beatrice Lorenzin – come misura di taglio lineare alla spesa, il meccanismo prevede che le imprese fornitrici di dispositivi medici debbano rimborsare il 50 per cento del superamento degli scostamenti dal tetto di spesa regionale, oggi stabilito nella misura del 4,4 per cento del Fondo sanitario nazionale. I numeri li conosciamo: la somma del periodo dal 2015 al 2018, richiesta alle aziende nell’agosto 2022, ammontava a 2,2 miliardi, divenuti 1,1 miliardi con il decreto Bollette che ha previsto un dimezzamento dell’entità del contributo richiesto alle imprese. Incerte, invece, le stime dello sforamento dei tetti di spesa per il 2019-2022.

Una spada di Damocle che pende sulla testa di un intero comparto – quello della fornitura e della distribuzione dei dispositivi medico sanitari – e che minaccia di inferire un colpo esiziale al SSN. Ma c’è di più. Il payback viene applicato nonostante il sistema di acquisto e forniture da parte del SSN si basi su gare pubbliche bandite dalle Regioni nelle quali il prezzo e i volumi sono definiti unilateralmente dalla stazione appaltante e dove quindi non vi è alcun margine di negoziazione tra due parti (come avviene nel farmaco). 1.800 imprese hanno fatto ricorso al Tar per il meccanismo relativo al periodo 2015-2018 e lo scorso novembre un’ordinanza del Tar del Lazio ha rimandato alla Consulta il giudizio, accogliendo – in sostanza – i ricorsi e tutte le motivazioni presentate dai legali delle imprese. È stato definito in modo netto la differenza tra il farmaco e il dispositivo medico, chiarendo l’impossibilità di applicare con un copia-incolla il sistema del payback farmaceutico al settore.

Impossibile non notare criticità riguardo i profili di costituzionalità, libertà di impresa e contrasto alla concorrenza e le stime sono allarmanti. In base a quanto delineato dall’indagine del Centro Studi di CDM, realizzata insieme a PWC-Price Waterhouse Cooper, il 61 per cento delle aziende ha bloccato le assunzioni mentre il 31 per cento ha ricorso a licenziamenti. Quattro aziende su dieci hanno ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre più di sei imprese su dieci si sono astenute dalla partecipazione alle gare pubbliche, un’ipotesi già ventilata negli anni da parte degli esperti del settore. Le previsioni delle aziende per il futuro – 2028 – sono ancora più preoccupanti: 8 aziende su 10 limiteranno l’uso di tecnologie avanzate nelle gare italiane, 7 aziende su 10 dichiarano di prevedere di rivolgersi prevalentemente ai mercati esteri, mentre la riduzione delle assunzioni riguarderà il 72 per cento delle imprese.

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Come sottolineato da Nicola Barni, presidente Confindustria Dispositivi Medici, non c’è altra strada che quella del superamento del payback sanitario attraverso l’adozione di modelli di governance alternativi. La priorità è mettere fine a quella che possiamo definire una fonte di indebolimento della solidità economico-finanziaria delle imprese del settore, provando a realizzare un grande disegno strategico che contempli la sostenibilità economica con lo sviluppo delle imprese nel Paese.

Massimo Balsamo, 13 marzo 2024

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