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La corsa al voto

Pd-Azione, l’ammucchiata c’è. Ma chissenefrega di Calenda

Pd e Azione come Sandra e Raimondo: litigano, poi trovano l’accordo. Rito inutile

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Carlo Calenda è un uomo anche simpatico. A volte dice cose pure condivisibili. Si professa liberale, sebbene eletto col Pd che di liberale non ha neppure il passato, figuriamoci il presente. Inoltre piace alla gente che piace. Sa far parlare di sé. E usa Twitter in maniera compulsiva. Quindi è pure comprensibile un po’ di sovraesposizione mediatica, però qui si sta esagerando. Perché sono ormai tre giorni che i grandi media italiani aprono i loro quotidiani con la trattativa tra Enrico Letta e l’ex ministro, manco parlassimo degli accordi di pace tra Israele e la Palestina.

Voglio dire: Calenda vale circa il 4% nei sondaggi, sempre che ci arrivi davvero, eppure lo trattano da principe. O meglio: da star di una soap opera di bassissimo livello. Queste le puntate. Pare che tre giorni fa con Letta avessero raggiunto un accordo per fare un cartello elettorale, dare il via libera all’ammucchiata sinistra (compresi Di Maio, Fratoianni e Bonelli) e tutti amici come prima. Poi però qualcosa deve essersi rotto. Calenda è tornato a twittare contro i dem. Ha preso a pallonate Giggino l’ApeMaio. Ha finto di annusare il Terzo Polo con Matteo Renzi. E così i giornali ci hanno costretti per una settimana a stare appesi alle decisioni di Azione. Come se Azione fosse davvero l’ago della bilancia di queste strambe elezioni anticipate.

E pensare che di temi per riempire le pagine degli stanchi quotidiani agostani ce ne sarebbero. L’Austria per dire ha liberato i positivi al Covid, permettendo loro di andarsene in giro da infetti, ma in pochi ne hanno parlato. Nency Pelosi si sta facendo un viaggetto a Taiwan rischiando di far scoppiare una guerra, eppure nessuno le ha dato il peso che meritava. E poi in Ucraina è stato raggiunto l’accordo sul grano. Tra Serbia e Kosovo riesplodono vecchi rancori. E Totti e Ilary se le suonano di santa ragione. Insomma: di temi ce ne sarebbero a bizzeffe, possibile essere costretti a sorbirci le bizze elettorali di Azione?

Letta e Calenda alla fine hanno raggiunto l’accordo. “Un patto elettorale”, dicono. Conte, tradito, la chiama “ammucchiata”. In sintesi oggi si sono spartiti i collegi (70% al Pd, 30% ad Azione) e hanno deciso che non ci saranno “nomi divisivi” negli uninominali (quindi “ciaone” a Di Maio, D’Incà, Carfagna e Gelmini). Il resto, programma compreso, sa di corollario. L’unica nota positiva è che, finalmente, forse, la smetteranno con questa telenovela estiva. Che poi, voglio dire, machissenefrega di Calenda. No?