Pd e 5 stelle: c’è l’accordo solo sulle poltrone

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Sarebbe veramente paradossale se il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle, dopo mesi di annunci di alleanze più o meno strutturali mai realizzatesi, un accordo annunciassero, come sembra, di averlo raggiunto. E oltre che paradossale, diciamola tutta, l’accordo sarebbe indecente, da un punto di vista morale, e sperabilmente suicida, da quello politico. Esso darebbe una ennesima conferma agli elettori, che sono già scappati in massa, dell’unica ragion d’essere che tiene in piedi le due forze politiche: l’interesse carrieristico, lo scambio di governo e sottogoverno, il potere per il potere: autoreferente e senza un minimo di idealità.

In palio due posti in Parlamento

Di quale accordo si tratti è presto detto: in autunno in due collegi molto diversi e distanti, quello di Siena e quello di Roma-Primavalle, si dovranno sostituire due deputati in una tornata di “elezioni suppletive”. Nel primo caso, stante l’accordo, i Cinque Stelle farebbero convogliare i loro voti su Enrico Letta, che quindi ridiventerebbe deputato anche con i loro voti; nel secondo caso, a Roma, invece sarebbe il Pd a restituire il favore permettendo che con il suo appoggio passi il turno, ed entri in Parlamento, un altro non eletto di rango di questa legislatura, in cui pure è stato per due volte Presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Il quale ci tiene molto allo scranno a Montecitorio, un po’ per vanità e un po’ per aver capito che, essendo stato estromesso un po’ da tutto, deve cominciare a raccogliere dal basso ogni minimo strapuntino. Strano (e meritato) destino per colui che, solo un anno fa, pensava di essere definitivamente entrato nei luoghi del potere, anche europeo ed internazionale, e in pochi mesi si è ritrovato a casa insieme a tutti i suoi uomini.

Il patto indecente

L’operazione Letta-Conte è indecente e rivelatrice perché dimostra non solo uno scarso rispetto per i cittadini-elettori, ai quali si presentano candidati che col territorio non hanno nulla a che fare (pur essendo romano nel popolare quartiere di Primavalle non credo che il sedicente avvocato del popolo abbia mi messo piede); ma che soprattutto sono imposti, calati  dall’alto senza un minimo di discussione. In verità, qualche volta questo accadeva anche nel vecchio PCI, ma in quel caso lo spirito di appartenenza e militanza, il sentirsi parte di una Chiesa e impegnati fideisticamente in una missione, giustificava con il “superiore” interesse del Partito e del socialismo ogni nefandezza. Quanto ai Cinque Stelle, la loro parabola da partito anti-Casta a Casta, l’assunzione in modo quasi idealtipico dei comportamenti degli appartenenti di essa, è stata così repentina da aver lasciato un po’ tutti bocca aperta. Altro che uno vale uno, democrazia diretta, voto su Rousseau: a Siena il Vertice ha deciso che dovete votare Letta, e… più non dimandate.

Il gioco dei Cinque Stelle è apparso così smaccato che ormai nessuno crede più alle loro parole. A Primavalle, l’altra volta, i pentastellati avevano avuto tantissimi voti, tutti di protesta. E la protesta oggi potrebbe indirizzarsi contro di loro. È altamente probabile perciò che si stia facendo i conti senza l’oste. Oppure l’oste c’è, ed è il più furbo di tutti: le voci dicono infatti che sia Luigi Di Maio che caldeggi una soluzione siffatta. Non è un caso: egli ha annusato il nuovo clima, sia elettorale sia politico, e ne ha dedotto che tutto potrebbe succedere nelle urne, nulla è scontato. Su Conte potrebbero scaricarsi le frustrazioni degli abitanti di Primavalle. Una sconfitta clamorosa di Conte sarebbe forse quella definitiva; e, se avvenisse, Di Maio avrebbe così fatto fuori il suo vero competitor. E forse pure quel Movimento che ormai per lui è quasi ormai solo una zavorra, inservibile.

Corrado Ocone, 6 giugno 2021

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