Il mio cuore batte da sempre a sinistra bla bla bla. Per battere, batte. Tutti battono. E tutti a sinistra. Tutti, anche quelli che partono da destra e poi, siccome la destra non gli trova spazio, si riciclano come una fiala di vaccino scaduta. E tutti prima o dopo dallo sbraco finiscono allo sbarco a sinistra, ultima fermata: Pregliasco, Fabrizio Pregliasco. Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, che abbiamo noi, virologi piddì. “Correrò alle regionali per la corrente di Majorino”. La gente ride e dice: ah, ce l’ha fatta anche lui. La gente ride, perché non ha altro da fare, non può fare altro, è assuefatta, ha bisogni di dosi sempre più massicce di assurdità, ma da ridere c’è poco e siamo alla conferma: la sinistra odia il merito e per ottime ragioni: se davvero entra il merito, restano tutti privi di sovvenzioni. Quindi preferisce tirar su la qualunque purché mediatica, “ah, questo è mediatico”.
Pregliasco è un caso mediatico, un simbolo: hanno fatto tutti quello che hanno fatto per questo risultato, in fondo misero. Ah, la gaia scienza, la scienza che ascolta solo se stessa, che non s’immischia di politica, che dice solo la verità a costo di non essere democratica, non è vero? Hanno fatto il balletto sulle maschere, la danza della pioggia sui lockdown, l’apostolato del greenpass, hanno sbagliato – tutti, mica solo quest’altro igienologo – tutte le profezie possibili e immaginabili, hanno diviso la gente, l’hanno terrorizzata, minacciata, umiliata, disinformata, presa in giro e per cosa? Per un posto, corrosi dall’invidia per altri che già c’erano arrivati. Perché il potere è una droga. Perché la politica assicura denaro, come vediamo ogni giorno, e altro potere che porta altri soldi in una spirale infernale ma benedetta. Perché qualcuno, magari, ha bisogno dell’immunità e lo sa, la gente no ma lui sa benissimo cosa ha combinato e prevenire è meglio che curare.
Erano operai generici della scienza: la pandemia, vera o più esattamente presunta, li ha fatti diventare tanti piccoli Wild Lucarelli; non ci rinunciano per nulla al mondo, e chiamano, mandano i loro messaggi in bottiglione: “Se la politica mi vuole, io ci sono”, faceva sapere il Pregliasco ancora pochi giorni fa. Ma era più lui a volere la politica, e chissà che ridda di telefonate, di appuntamenti, di contatti, roba fantozziana, tipo il megadirettore che arriva in cima dopo una trafila agghiacciante. Sono anche frustrati: a termini di curriculum, diciamolo, non tutto questo granché, specie a dimensione internazionale: così cercano di compensare con una credibilità acquisita, anche se non l’avranno mai. Perché il potere dà potere, ma non attendibilità. Ed eccolo, puntualmente intervistato, ma è più un red carpet di presentazione, dal Corriere che, giustamente, ha mandato quello che provava orgasmi nell’esibire il greenpass.
Questo Pregliasco, giusto per rinfrescare la memoria, è uno dei più arroganti e insieme zoppicanti; è il talebano della tribù, quello che vietava di più, scuole, macchine, ospedali, case, letti, a un certo punto invitava a masturbarsi o, al limite, a scopare – è tutto registrato, non è una botta di volgarità del cronista – a pecorina, “non più di un quarto d’ora e comunque sempre con le mascherine”. Uno così. Gente così. Che si mette a canticchiare, vavavacciniamoci, azzurro, il mio vaccino è troppo azzurro, cose mortificanti, specie a 60 anni, ma, come dimostra Chiara Ferragni, la via più diretta per la politica è quella che passa per la dimensione da influencer, pagando tutti i prezzi possibili. Il Pregliasco, capace di un ranking dello 0% quanto a previsioni: ancora in ottobre prevedeva tsunami di contagi da Covid, mortalità a livelli di peste bubbonica “per il ponte dell’Immacolata”; poi la curva non incoraggiava, e lui si era allungato: “Per Natale”. Per Natale il Covid è quasi scomparso dall’agenda, si è confuso con l’influenza, e lui si è buttato sull’influenza: “Vaccinarsi e mascherarsi tutti”, rischiamo l’Olocausto influenzale.
Messa così rischia di far ridere, ma le conseguenze di un approccio del genere, largamente condiviso, sono state, quelle sì, devastanti, peggio della intramontabile Spagnola: chi paga? Nessuno, vanno tutti in politica. Lopalco ci è già arrivato, Crisanti ci è arrivato, Pregliasco ci prova e dove poteva andare se non a sinistra? Con Majorino, nella bagarre per le regionali: evidentemente, il Pd ha deciso di suicidarsi anche per via “scientifica”, tra una foresta di virgolette. Restano fuori altri, ma scalciano: Burioni eternamente sulla pista di lancio, sempre appeso alle decisioni di Renzi e Calenda (che ha in scuderia già Ricciardi, l’Imbarazzante); Antonella Viola, la tuttologa da Che tempo che fa, che sui vaccini ha cambiato più idee che pose da selfie, ma lei è più a sinistra, più in area Articolo 1, sorta di Ong della politica che attualmente non naviga in ottime acque; dalla Florida, Ilaria Capua, orfana inconsolabile di Mario Monti prima e poi, inopinatamente, di Mario Draghi. Bassetti è più pirandelliano: si era, diciamo, sintonizzato sulla Lega, poi su Fratelli d’Italia, ma, chissà come mai, non ne hanno voluto sapere: la sensazione è che a questo punto sia scattata la sindrome di Vasco, “basta che ci sia posto”. Ma questo è solo un sospetto, anzi una impressione, una percezione a livello corridoio ospedaliero, intendiamoci.
Cosa poi faccia pensare a Pregliasco, a Mao-jorino e soprattutto al Pd che Pregliasco sia tanto popolare, con quella spocchia immeritata, nel senso che non ha fatto niente per giustificarla, è un enigma avvolto in un mistero, che rientra nei nonsensi della politica. Questi generici della Medicina ricordano una fortunata pubblicità di una nota catena di negozi: batte. Sempre. Il cuore. A sinistra, possiamo aggiungere, ma è pleonastico. Vai, Pregliasco, che ce la fai. Dopodiché, facci sapere se nei centri sociali, core business di Mao-jorino, notoriamente, usano tutti la mascherina e le siringhe ad esclusiva maggior gloria del vaccino. Ma vacci, ti preghiamo, vai a cantare una mattina mi son svegliato, o bella ciao, e per l’ottava, mi son bucato, forte mi batteva il cor.
Max Del Papa, 19 dicembre 2022