Papa Benedetto XVI è uno dei più grandi pontefici della storia della Chiesa e al tempo stesso tra i meno compresi. Padre spirituale, superbo intellettuale, sopraffino teologo, già da Cardinale si distinse per la profondità delle proprie riflessioni raccolte in decine di libri che sono un contributo imprescindibile al pensiero culturale e filosofico contemporaneo. La sua storia di Gesù di Nazaret insieme a opere come Senza radici scritto a quattro mani con Marcello Pera in cui ha denunciato il relativismo, forse il più grave male della nostra epoca, o le Ultime conversazioni, raccolgono il pensiero di un uomo che ha avuto la forza e il coraggio di esprimere idee spesso contrarie allo spirito del proprio tempo ma con la consapevolezza di agire animato da una forte fede.
Il celebre discorso di Ratisbona, così come la sua enciclica Caritas in veritate, da pochi letta e da pochissimi compresa, sono una bussola imprescindibile per orientarsi nella società contemporanea in cui sono raccolte indicazioni per tutti i fedeli: “è auspicabile che crescano un’attenzione e una partecipazione più sentite alla res publica da parte dei cittadini” e moniti “è richiesta una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni”.
In un momento di innegabile difficoltà per la Chiesa a livello globale, una figura come Ratzinger, seppur defilato e lontano dal dibattito quotidiano anche a causa dei problemi di salute, è un faro. Così, le rare volte in cui esce dal proprio ritiro e rilascia dichiarazioni o considerazioni, occorre prestare massima attenzione poiché non sono mai concetti scontati o di circostanza. Ed è quanto avvenuto con il testo diffuso ieri di diciotto pagine e mezzo intitolato Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali, una serie di “appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere d’aiuto in questo momento difficile”.
Un intervento che ha un’importanza particolare perché arriva dopo la riunione di febbraio a Roma in cui sono intervenuti i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo chiamati da Papa Francesco e che testimonia il coraggio di Benedetto XVI di toccare un tema delicato ma centrale per la credibilità della Chiesa. Avrebbe potuto non prendere posizione, rimanere nel suo ritiro spirituale, eppure ha ritenuto non solo importante ma necessario intervenire per il bene della Chiesa e lo ha fatto con un testo forte in cui ha denunciato i ritardi della Chiesa su questo tema: “per molto tempo troppo garantismo a favore dei preti accusati” sottolineando come “il collasso spirituale è cominciato nel ’68” e l’esistenza di “beni che sono indisponibili e valori che non è mai lecito sacrificare”.
Nei toni drammatici che emergono dalle sue parole non manca la speranza per uscire da questa situazione riscoprendo l’identità cattolica che si è progressivamente persa, compiendo scelte difficili e radicali che non prevedono scorciatoie e che potrebbero creare non poche frizioni ma con l’intento di riscoprire i veri valori alla base del cattolicesimo. Chissà che questo accorato appello di Benedetto XVI non serva a risvegliare le coscienze troppo spesso intorpidite dei fedeli e del clero.
Francesco Giubilei, 11 aprile 2019