Aumenti di pene e abbassamento delle soglie di punibilità: questa la “cura” prevista dal decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio per il 2020 per i reati tributari disciplinati dal decreto legislativo n. 74 del 2000.
Per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture e altri documenti falsi (art. 2 del DLgs. 74/2000), viene previsto l’innalzamento delle attuali pene ad un minimo di 4 ed un massimo di 8, anni se l’imposta evasa supera 100.000 euro, mentre vengono mantenute quelle attuali (da un minimo di 1,5 a un massimo di 6 anni) se l’imposta evasa è inferiore a tale soglia (si ricorda che per questo reato non esistono soglie di punibilità, costituendo dunque reato anche l’evasione di un solo euro quando attuata mediante false fatturazioni).
La stessa rimodulazione delle pene, a seconda che ci si trovi sopra o sotto la soglia di 100.000 euro, viene chiaramente prevista per il complementare reato di emissione nell’interesse di terzi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 del DLgs. 74/2000).
Per altro, con riguardo al reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000, lo schema di decreto prevede anche una apposita modifica al DLgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa delle società, volta a prevedere, in caso di sua commissione nell’interesse dell’ente, una ulteriore sanzione pecuniaria “fino a cinquecento quote” a carico dell’ente stesso.
Per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi (art. 3 del DLgs. 74/2000), che scatta quando l’imposta evasa è superiore a 30.000 euro e la base imponibile sottratta a tassazione è superiore al 5% di quella dichiarata o a 1,5 milioni di euro, viene previsto l’innalzamento delle pene ad un minimo di 3 ed un massimo di 8 anni, rispetto all’attuale minimo di 1,5 e massimo di 6 anni.
Per altro, così strutturata, questa modifica crea l’evidente contraddizione che, se si evadono tra 30.000 e 100.000 euro con frode mediante false fatture (fattispecie in teoria più grave), la pena resterebbe compresa tra 1,5 e 6 anni; se invece si evadono con frode mediante altri artifizi, la pena salirebbe da 3 a 8 anni.
Bazzecole tecniche, penseranno alcuni, per una materia su cui infuria ormai il peggiore scontro puramente politico.
Per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000), viene previsto sia l’abbassamento della soglia di punibilità di 150.000 euro a 100.000 euro, sia l’aumento delle pene da un minimo di 2 a un massimo di 5 anni (attualmente si va da 1 a 3 anni).
Per il reato di omessa dichiarazione (art. 5 del DLgs. 74/2000) viene previsto l’aumento delle pene da un minimo di 2 a un massimo di 6 anni (attualmente si va da 1,5 a 4 anni, mentre viene lasciata invariata la soglia di punibilità a partire da 50.000 euro.
Pene in salita anche per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili per fini di evasione fiscale (art. 10 del DLgs. 74/2000): si passa dagli attuali minimo e massimo di 1,5 e 6 anni a un minimo di 3 e un massimo di 7 anni.
Per il reato di omesso versamento di ritenute dichiarate o certificate (art. 10-bis del DLgs. 74/2000), viene previsto l’abbassamento della soglia di punibilità a partire da 100.000 euro (attualmente è fissata a 150.000), mentre restano invariate le pene da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni.
Stessa sorte per il reato di omesso versamento di Iva regolarmente dichiarata (art. 10-ter del DLgs. 74/2000): la soglia di punibilità viene abbassata da 250.000 euro a 150.000 euro, mentre le pene da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni vengono lasciate come stanno.
Questo schema di articolato, licenziato dal Governo in occasione dell’ultimo Consiglio dei Ministri e definito “epocale” dal Ministro della Giustizia Bonafede, dovrebbe comunque entrare in vigore, stando alle dichiarazioni ufficiali, solo con la conversione in legge del decreto.