Pensioni a rischio, non ci dicono la verità

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Perché in Italia sulle pensioni non ci dicono la verità? Oggi voglio toccare un tema scottante, ma voglio farlo, perché vorrei far comprendere a tutti ciò che sta accadendo ed il rischio che ci stiamo prendendo. Sulla crisi dei sistemi pensionistici dovrebbero mettere i cartelli in autostrada, nelle scuole, nelle piazze. Dovrebbero spiegare alle persone ciò che sta accadendo e quanto inciderà sul nostro futuro e che quello di cui ci stiamo preoccupandoci oggi non è nulla rispetto a ciò che sta per accadere. Partiamo dalla cronaca di ieri. Ansa – Al Circo Massimo a Roma, la manifestazione nazionale indetta dai sindacati dei pensionati: “Invisibili no! Siamo sedici milioni”. Il numero dei pensionati e delle pensionate in Italia.  Al centro dell’iniziativa, che segue quella del primo giugno scorso in piazza San Giovanni:

1) la rivalutazione delle pensioni

2) l’allargamento della 14esima,

3) la riduzione delle tasse all’insegna di un fisco più equo, 4

4) la legge sulla non autosufficienza.

I sindacati parlano di una manovra “insufficiente che non dà risposte ai pensionati”. Anzi, che si è rivelata “una beffa”, vista la mini-rivalutazione da “nemmeno 50 centesimi al mese” inserita in legge di Bilancio. Queste notizie saranno sempre più all’ordine del giorno, come i tagli che si susseguiranno nei prossimi anni. Mio padre è andato in pensione nel 1995. La sua pensione era addirittura leggermente più alta rispetto all’ultimo stipendio. A distanza di 20 anni, oggi ne prenderebbe il 32% in meno.

Ma cosa sta, invece, mettendo a rischio davvero il sistema previdenziale, non solo italiano, ma anche di tutti quei Paesi che come l’Italia stanno guardando al futuro previdenziale con patema d’animo? I nuovi scenari demografici. Viviamo di più, molto più di prima e parallelamente facciamo meno figli. La prima sembra essere una buona notizia e lo è davvero, ma se la leghiamo alla seconda diventa devastante dal punto di vista della sostenibilità dei sistemi previdenziali.

Vi faccio un esempio: l’uomo più anziano d’Italia (e d’Europa) vive a Bassano del Grappa ed ha 110 anni. Da quanto prende la pensione questo ex carabiniere? Sono almeno 45 anni, sempre che non sia andato in pensione prima. Allora, aumentando sempre di più gli anziani, aumentando sempre di più la lunghezza della vita e non avendo a disposizione ricambio generazionale, visto che non facciamo più figli, chi pagherà per le nostre pensioni? Come si sosterrà il sistema sanitario? Chi sosterrà il gettito fiscale se saranno molte di più le persone che “assorbono reddito” rispetto a quelle che lo producono?  Tutto questo non è lontano nel tempo da noi. Sta già avvenendo.

In Svezia ad esempio stanno facendo una forte campagna di sensibilizzazione sul tema previdenziale ed hanno lanciato un claim che dice testualmente: “Se viviamo più tempo perché non lavoriamo per più tempo?”. Nei Paesi anglosassoni l’attenzione sulle pensioni è altissima ed i risparmiatori indirizzano sui fondi pensioni oltre il 50% dei loro accantonamenti. E in Italia? In Italia le pensioni hanno sempre occupato ed occupano uno spazio estremamente importante nei cartelloni elettorali, ma nessuno che dica la verità e che spieghi come stiano veramente le cose. Bugie su bugie. Hanno creato gli esodati. Hanno creato potenziali rivalutazioni da meno di 50 centesimi al mese. Hanno creato Quota 100. Nelle righe che seguono riporto alcuni numeri, evidenziati dall’Istat che dovrebbero farci riflettere su ciò che sta avvenendo realmente. È arrivata l’ora di alzare il velo di omertà generale che c’è sull’argomento.

TUTTI I NUMERI DELL’ ITALIA SU CUI RIFLETTERE

Gli straordinari guadagni in termini di durata della sopravvivenza producono un continuo aumento di popolazione nelle età senili. Al 1°gennaio 2019 la stima dell’indice di vecchiaia è di 172,9 ultra 64enni per cento giovani al di sotto dei 15 anni, era 143,4 per cento solo undici anni prima (Istat Rapporto annuale Italia 2019).

46 anni: l’età media degli italiani (peggio solo il Giappone).

60enni più dei 30enni: la curva si è invertita a fine 2017.

104 anni: l’età attesa per il 50% dei bambini nati nel 2007.

14.500 le persone che hanno più di 100 anni in Italia.

82 anni: la vita media attesa alla nascita.

-10 mila i nati in meno nel 2018 rispetto al 2017.

-187 mila il saldo nati/morti nel 2018.

-6 milioni  di persone in meno entro il 2031 nella fascia di età tra i 25 ed i 54 anni (fascia produttiva).

23 milioni gli italiani che lavorano oggi nel Paese.

37 milioni gli italiani che non lavorano (vecchi, giovani, disoccupati).

-7,839 miliardi di euro disavanzo Inps 2018.

1 miliardo la crescita del disavanzo 2018/2017.

46 milioni i residenti in Italia tra 40 anni contro i 60 milioni di oggi.

16 milioni le pensione erogate oggi.

5,4 milioni prendono meno di 1000 euro al mese.

1.500 assegno medio.

2430 miliardi di Debito Pubblico.

I tassi negativi sui risparmi stanno facendo perdere ricchezza alle famiglie. La crescita dei costi dei conti correnti su cui sono depositati 1450 miliardi degli italiani sta facendo perdere ricchezza alle famiglie. L’incapacità di guidare il mondo dei risparmi verso investimenti remunerativi sta facendo perdere ricchezza alle famiglie italiane.

  1. Con questi numeri in quanti anni il sistema sarà completamente saltato?
  2. Perché nessuno avvisa i cittadini di quanto sta accadendo e di come dovrebbero prepararsi?
  3. Perché a differenza di quanto accaduto in Svezia nessuno si preoccupa di realizzare un piano organico in grado di rimettere in discussione gli squilibri che si stanno determinando?
  4. Perché non si pensa ad un corretto piano di immigrazioni che tenda a razionalizzare le risorse ed i capitali umani produttivi?
  5. Quando spariranno per la demografia 6 milioni di persone in età lavorativa portando il saldo dei lavoratori a 17 milioni, come faranno a gestire il disavanzo per garantire le pensioni in essere?
  6. Perché nessuno pensa ad un fortissimo piano di natura fiscale che permetta di detassare qualunque somma sia orientata alla previdenza integrativa?

Credo che ogni altra considerazione sia superflua. Sul sito dell’Istat tutti i dati citati sono a disposizione di tutti, anche di chi dovrebbe prenderne atto. Oggi c’è bisogno di informazione e di risposte coerenti con la situazione che si sta determinando.

Leopoldo Gasbarro, 17 novembre 2019

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