Per bocciare Conte non servono i pm

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No, non c’è bisogno dell’intervento dei pm per accertare le responsabilità politiche di Giuseppe Conte. Anzi, suggerisco ai miei fellow hawks, agli amici falchi che come me non amano affatto il Conte bis, di lasciare proprio ai giallorossi la contraddizione bruciante con la quale saranno presto costretti a fare i conti.

Prima, sono stati ferocemente giustizialisti contro Matteo Salvini per la gestione del dossier immigrazione, e hanno stabilito l’inqualificabile precedente di uno scrutinio giudiziario su una decisione politica. Ora, oplà, saranno costretti a sostenere la tesi opposta, quella della libera e piena discrezionalità di una scelta politica come quella compiuta dall’avvocato di Volturara Appula sul lockdown, se e quando a un magistrato verrà in mente di chiedere severamente conto al governo del ritardo con cui furono prese le decisioni relative alla provincia di Bergamo.

Dunque, lasciamo ad altri la logica del primato delle procure e del sindacato giudiziario sulle scelte governative (riserviamoci semmai il diritto-dovere di contestare il doppio standard alla sinistra e pure al partito delle procure, se al governo sarà applicato un metro di valutazione morbido e amichevole), e concentriamoci sul giudizio politico, che è più che sufficiente per affossare Conte.

Mettiamola così. Siete persuasi della linea sanitaria dura, siete cioè sostenitori forti del principio di precauzione? E allora Conte va bocciato per il tragico ritardo accumulato nella prima fase della pandemia. Il 27 gennaio andò in tv a dire che eravamo “prontissimi”, e il 31 gennaio proclamò lo stato d’emergenza. Salvo però far scattare le chiusure circa 40 giorni dopo, tra il 7 e il 9 marzo.

Al contrario, siete – come me – avversari del lockdown assoluto e generalizzato, e siete convinti che la chiusura in tutte e venti le regioni sia stata una risposta eccessiva (anche in aree del territorio italiano non colpite dal Coronavirus), tale da determinare un danno non riparabile all’economia nazionale? E allora Conte va di nuovo bocciato senza appello, per aver fatto passare un paese dalla stagnazione (anzi, dalla quasi recessione: perché pure senza Coronavirus l’ultimo trimestre 2019 era stato negativo, e negativo sarebbe quasi certamente stato pure il primo trimestre 2020) al baratro.

Questo è il punto. Non facciamoci distrarre da elementi laterali, destinati a creare confusione. Manteniamo il focus sul fatto che Conte – desecretazione o meno dei verbali del Comitato tecnico – non ha messo in campo alcuna efficace strategia né sul piano sanitario né su quello economico, se non chiuderci in casa affossando un’economia già boccheggiante.

Tutto il resto è contorno. Si può sostenere (tesi legittima) che il governo si sia fatto eccessivamente scudo dei pareri tecnico-scientifici. Si può sostenere (altrettanto legittimamente) che non li abbia ascoltati quando e quanto avrebbe dovuto. Si può infine sostenere (e c’è del vero anche in questo) che furbescamente li abbia usati come parafulmine per giustificare ciò che in un dato momento gli faceva più comodo.

Ma la sostanza non muta. Altro che “modello italiano”. Sia la performance sanitaria che quella economica sono state negative. E, quanto all’economia, temo che molti non abbiano chiaro lo tsunami di fallimenti e chiusure a cui assisteremo da qui a fine anno.

Per non dire (altro tema assolutamente non presidiato) del rapporto tra imprese e banche, in considerazione dell’appuntamento che, alla ripresa e fino a fine 2020, vedrà numerosissimi imprenditori chiamati a rinegoziare i loro affidamenti bancari in presenza di un fatturato potentemente colpito dalla crisi. Non è difficile immaginare la stretta creditizia che ne deriverà. Eppure il tema (devastante per la vita reale delle imprese) lascia indifferente il governo e la stragrande maggioranza degli osservatori, almeno per ora.

Daniele Capezzone, 10 agosto 2020

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