Non a caso Mattarella battezzò così la pseudocategoria politica su cui sola si reggerà l’accrocchio estremo del Conte Ter: “Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova”. I più distratti scambiarono queste frasi per la solita enfasi quirinalizia pre-prandiale. Invece, era il primo mattone dell’operazione neolinguistica. Oggi, i “costruttori” che si precipitano a puntellare la baracca giallorossa possono sventolare le consegne della massima auctoritas della Repubblica.
Cosa resta, a noi che ci ostiniamo a dimorare nella realtà piuttosto che nella sua caricatura propagandistica, a noi che anche sforzandoci non riusciamo a scorgere alcuna differenza ontologica tra Scilipoti e i suoi eredi edili, a noi ultimi miscredenti nell’era della resilienza costruttiva nell’interesse del Paese? Quantomeno, il rifiuto, la possibilità residuale di dire di no, l’esilio volontario dal vocabolario taroccato. Non chiamiamoli, mai più, “costruttori”.
Giovanni Sallusti, 16 gennaio 2021