Italiani a casa, migranti per strada. Parafrasiamo Fedez per illustrare il mondo ideale del governo Conte: da un lato, un lockdown perpetuo, intervallato dalle conferenze stampa del ducetto; dall’altro, porti spalancati – anche ai clandestini positivi al Covid – e centri d’accoglienza nel caos. Così facciamo felice l’Europa, che in cambioci concede il lusso di finire commissariati.
È un paradosso, o, se preferite, un’ingiustizia, di cui alcune istantanee rendono perfettamente l’idea.
Prima istantanea. Domenica di fine luglio sulla spiaggia di Ventimiglia. Sulla sabbia passeggiano i militari del 32° reggimento genio guastatori, che schiumano con divisa e mascherina. Controllano, brandendo un fucile automatico e con la Beretta in fondina, che i bagnanti rispettino le distanze di sicurezza. Poveracci: patrioti ridotti ad aguzzini sudati dallo squadrismo sanitario dei giallorossi.
Seconda istantanea. A Castiglione della Pescaia, scattano le sanzioni di 400 euro per i turisti pizzicati senza mascherina all’aperto. In centro è obbligatoria.
A queste due istantanee, se ne contrappone un’altra. Perché se per i turisti italiani ci sono mitra e multe, per quelli tunisini c’è il servizio accoglienza a Lampedusa. Ieri, sull’isola siciliana, sono sbarcati in undici dal Nord Africa. Una signora portava il cappellino di paglia, un’altra aveva un barboncino al guinzaglio. Più che profughe di guerra, parevano sciure milanesi in villeggiatura a Porto Rotondo. «Cerchiamo lavoro e libertà», hanno commentato. Del primo non c’è traccia da tempo, in Italia. La seconda ce la stanno scippando tutta.
Altra istantanea. A Roma, piazze blindate da Trastevere al Nomentano: i giovani si assembrano, i vigili le chiudono. A Firenze, tamponi lungo le vie della movida: tutti negativi. Nel frattempo, nella Campania dello sceriffo Vincenzo De Luca, che al posto degli Arx dell’esercito preferirebbe i lanciafiamme, sono scattate le prime multe di 1.000 euro per chi viola le prescrizioni sulla mascherina al chiuso.
Ma per queste fototessere legge e ordine, in Sicilia se ne possono scattare altre che parlano di anarchia e lassismo. Ieri, fuga di massa degli immigrati dalla banchina di Porto Empedocle, dove la Protezione civile aveva allestito una tensostruttura. Nel tendone potevano starci massimo 100 persone; ne avevano stipate 520. Domenica erano fuggiti in 184 dal Cara di Caltanissetta. Nessuno aveva contratto il coronavirus e la maggior parte è stata riacciuffata. Qualche giorno prima, però, le cose erano andate peggio: sono state stornate, in varie parti d’Italia, decine di immigrati licenziati come negativi dai primi test a Lampedusa, ma poi ricontrollati e risultati portatori del virus. Di clandestini affetti da Covid se ne sono contati diversi: 11 a Pozzallo e 42 a Jesolo a metà luglio, 36 in Basilicata una settimana fa, 8 in Abruzzo.
Sarà populismo, sarà qualunquismo, sarà negazionismo del virus, ma qui qualcosa non va. Abbiamo un governo che perseguita i cittadini, li terrorizza con lo spauracchio della seconda ondata, li minaccia di nuove chiusure, addirittura li umilia (l’ha detto Andrea Bocelli, peraltro contagiato dal coronavirus, riferendosi al lockdown di primavera). Ma quello stesso governo che con noi agita lo spettro dello stato d’emergenza, non è capace di impedire gli sbarchi di chi proviene da Paesi dove non c’è stata alcuna profilassi sanitaria. E nemmeno di bloccare i voli dalle aree a rischio, prima che atterrino a Fiumicino bengalesi infetti (ci siamo mossi preventivamente soltanto contro gli americani, per dispetto a Donald Trump). Non riusciamo neanche a tutelarci rispetto ai trasporti su gomma: mentre l’assessore alla Sanità del Lazio annuncia tamponi per chi giunge a Tiburtina dall’Est Europa, appena fuori l’autostazione, altri bus lasciano scendere centinaia di passeggeri dalla Romania.
Capito? Mandano i militari col mitra in spiaggia, però, se si tratta di chiudere un porto, sono più efficaci i picchetti degli abitanti di Lampedusa, esasperati e vilipesi. Alla fine, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha annunciato nuove navi quarantena (ci costano 4.800 euro al mese a migrante) e l’invio di soldati in Sicilia. S’è svegliata tardi: un governo così merita di sparire con ignominia.
Alessandro Rico, 28 luglio 2020