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Per la Raggi la proprietà privata è un fastidioso dettaglio

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La Giunta del Comune di Roma (anzi, di Roma Capitale, come solennemente si chiama da qualche anno) ha approvato una memoria finalizzata a “valutare tutte le attività utili a salvaguardare la vocazione culturale dell’ex Cinema Palazzo e la necessità del quartiere di spazi associativi”.

Sgombero ex Cinema Palazzo

“L’ex cinema – viene sottolineato nel documento approvato – ha avuto una forte valenza nella memoria collettiva del quartiere oltre che nella storia del teatro italiano. Un edificio storico destinato alla produzione e alla fruizione collettiva di arte e cultura, in cui le attività si fondono inscindibilmente con gli spazi fisici e con la loro naturale connotazione. Uno spazio riconosciuto dalla collettività come simbolo della partecipazione attiva. Partecipazione che esercita in forma sussidiaria funzioni indirizzate allo sviluppo della comunità, alla vita culturale condivisa e alla coesione sociale”.

“Roma Capitale – si legge sul suo sito Internet istituzionale – avvierà tutte le attività propedeutiche a valutare l’acquisizione del Cinema Palazzo al patrimonio capitolino dei beni indisponibili ovvero a verificare, in alternativa, possibili percorsi procedurali per la salvaguardia della vocazione culturale del cinema, oltre a individuare i successivi percorsi partecipativi. Da attuare, questi ultimi, ove il bene fosse definitivamente acquisito al patrimonio di Roma Capitale; esito, questo, da sottoporre alla fine del confronto istituzionale all’approvazione della Giunta”.

Non soffermiamoci sul linguaggio, altrimenti la reazione immediata sarebbe quella di Michele Apicella alias Nanni Moretti, in Palombella rossa, nei confronti della malcapitata giornalista dal frasario conformista: “chi parla male, pensa male”.

Andiamo alla sostanza. Che cos’è “l’ex Cinema Palazzo”? È uno spazio privato occupato abusivamente (quindi, per i molti che tendono a dimenticarlo, attraverso il compimento di un reato punito – si fa per dire – dal Codice penale) il 15 aprile 2011 e sgomberato dalle forze dell’ordine il 25 novembre scorso. Occupato “per sottrarlo alla speculazione”, spiegano gli autori dell’opera sul loro sito (perché in Italia di certi reati ci si vanta pure).

Il precedente

Quasi dieci anni di occupazione illegale, insomma. E proprio ieri, su Twitter, Daniele Capezzone ha riproposto il video di un suo intervento ad una conferenza stampa – tre mesi dopo l’inizio dell’usurpazione, l’11 luglio del 2011 – bruscamente interrotto dal volto noto di quell’azione, Sabina Guzzanti. Ma in questo modo la storia la raccontano in pochi. La generalità dei media, dei politici e del mondo artistico tende a soffermarsi sulle eccelse attività svolte all’interno della struttura.

Lo scorso 27 novembre, appena dopo lo sgombero dell’immobile, il Messaggero – distinguendosi dal coro delle vedove del “Cinema” – forniva una descrizione meno aulica delle gesta degli occupanti: “Pareti divelte, lavori abusivi, una cucina anche questa abusiva, con bombole del gas conservate senza le cautele del caso, danneggiamenti di vario genere. Sono il risultato dei 9 anni di occupazione durante i quali i leader della presa di possesso di questi oltre mille metri quadrati hanno organizzato, tra le altre cose, feste e incontri, ai quali hanno preso parte i punti di riferimento dell’eversione di sinistra più pericolosa (tra questi, la primula rossa delle Br, Barbara Balzerani)”. Un anno prima, il 17 ottobre 2019, sempre il Messaggero informava che, sino ad allora, la proprietà aveva perso circa due milioni di euro, per i mancati affitti riscossi, per l’Imu versata e per le spese legali.

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