Invece che l’inamovibile Balena Bianca di governo, un divisivo – e pericolante – Pd di lotta e opposizione. Le aspettative su Enrico Letta erano tante. Forse troppe. Il mondo democristiano, che ancora esiste, ha sperato nel ritorno di Enrico, nipote di Gianni ed erede del professore Beniamino Andreatta. Così, quando Nicola Zingaretti decide di lasciare la segreteria, in tanti tirano un sospiro di sollievo: «Adesso ci riprendiamo il partito, spostiamo l’asse verso il centro, isoliamo gli ex comunisti, riconquistiamo il mondo moderato». Insomma, è tutto un plauso nei confronti del nuovo segretario che ha tutto del democristiano: i toni, il passo, l’abito, il viso, il sorriso. “Enrico” è una garanzia per gli eredi della Balena scudocrociata e per chi sogna il ritorno di un contenitore centrista che inglobi tutti i partitini di rito popolare sparpagliati tra destra, sinistra e centro.
E invece Letta junior, fin dalle prima battute, polarizza, divide, appunto. Non è più il mediatore, il teorico del compromesso. Non ascolta i messaggi che giungono da Oltretevere. Anzi. Si fa strenuo sostenitore del disegno di legge Zan al punto da schierarsi contro il Vaticano e il mondo cattolico. Risultato? Insistere, non ascoltare chi solleva criticità o appunti, ha come effetto quello di irrigidire le parti. Il provvedimento è infatti fermo in commissione con oltre mille di emendamenti e a oggi non sembra esserci una maggioranza di senatori a Palazzo Madama. Se ne riparlerà, forse, a settembre. Anche se appare difficile, visto che ci troveremo in piena campagna elettorale per le amministrative. Eppure Letta non si arrende. Si serve dei successi alle Olimpiadi per rilanciare un altro tema divisivo: lo Ius soli. La presa di posizione non entusiasma gli alleati di governo di centrodestra. Scontato. E ha lo stesso effetto su una fetta di mondo pentastellato.