Francesco Cossiga direbbe a Salvini che in politica, come a poker, è molto pericoloso bluffare. Il rischio è che qualcuno dica ‘vedo’, e se il bluff viene scoperto la partita è persa. È ciò che è successo al Capitano. Per un mese ha sbraitato che sul caso del sottosegretario Armando Siri la Lega non avrebbe mai ceduto al ricatto delle dimissioni per un avviso di garanzia, visto che nell’inchiesta finora non si è trovato un euro ma soltanto chiacchiere intercettate in auto tra un padre ed un figlio.
L’Italia perbene, fatta soprattutto da amministratori locali, imprenditori e professionisti, terrorizzati ormai di mettere solo una firma su qualsiasi atto, si è tutta stretta attorno al Ministro dell’Interno, convinta di aver trovato finalmente un politico che mantiene la parola. E, in nome di questa battaglia, Siri, propugnatore della flat tax, è finito massacrato sui media con le accuse più fantasiose, come quella della frequentazione con gli alieni. Quando, poi, tra i “manettari” si è aggiunto pure l’avvocato degli italiani, il Presidente del consiglio, il Capitano sembrava davvero pronto allo scontro finale. Invece un attimo prima si è ritirato, peggio di Napoleone a Waterloo, permettendo addirittura a Peppino Conte di scrivere che la decisione della rimozione è stata presa dall’esecutivo all’unanimità, tra l’altro con un decreto redatto talmente male che il Quirinale, come sempre più spesso accade, l’ha pure rimandato indietro per gli orrori giuridici che conteneva. Per Di Maio sempre più alle strette una resurrezione. E da allora contro Salvini, Fontana e soprattutto Giorgetti è partito un assedio.
Se si comprende l’opportunismo politico del Premier pro tempore che, abbandonato ormai da Mattarella per l’incapacità di gestire il governo, si rimette sotto la cappella di Di Maio, resta incredibile la resa di Salvini. In un solo colpo ha perso parte di quel popolo che vedeva in lui il nuovo protagonista di una via liberale fedele alla Costituzione e anche tutti gli indignati che guardavano a lui con simpatia e che adesso, ovviamente, torneranno sotto le bandiere dei 5Stelle.
Ora per Salvini c’è il vero bivio della sua straordinaria avventura politica: accucciarsi attorno alla cappella del giustizialista di Maio, sperando in un inutile salvacondotto, oppure, come in molti gli chiedono, riprendersi davvero tutto il centrodestra, senza però schifarsi di Berlusconi. Il Cavaliere ancora una volta è risorto ed è l’unico che lo può far accettare in Europa, anche se per forza di cose ha prospettive limitate. In ogni caso, sempre meglio che misurarsi con ministri disastrosi come Toninelli, la Trenta, Moavero o Giulia Grillo. Pure l’economia, con gli interventi opportuni che il governo può fare per il rilancio delle infrastrutture, a partire dalla Tav, solo se si libera dai 5 Stelle, tornerebbe a crescere con i conti in ordine.
A Salvini, insomma, non resta che rompere questo rapporto contro natura con il Movimento, puntare deciso sul centrodestra con una vera grande iniziativa, senza rincorrere le Ronzulli ed i transfughi di turno che non portano voti, e vincere così le elezioni politiche sempre più vicine.E magari abbassando i toni e limitando le felpe. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dal canto suo ha messo da parte anche i timidi tentativi portati avanti riservatamente dai suoi collaboratori di un governo tecnico e quelli per una nuova maggioranza tra PD e 5Stelle. Con Zingaretti, Meloni, Berlusconi e presto anche Salvini che invocano elezioni anticipate, guarda ormai solo al calendario. Una domenica buona per votare, secondo una nota preparata dagli uffici del Colle, sembra quella del 29 settembre per evitare una campagna elettorale troppo estiva. Per Salvini l’ultima spiaggia, per non finire melanconicamente come l’altro Matteo.
Luigi Bisignani, Il Tempo 12 maggio 2019