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Per un liberale il Manifesto di Ventotene fa schifo

La piazza dell’incoerenza lanciata da Michele Serra ha rilanciato il testo fondante dell’Ue. Ma qualcuno lo avrà letto?

Serra Augias Schlein Ventotene
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“Siamo 50 mila veri. È stata una manifestazione di pace e democrazia”. È grande l’orgoglio (e la speranza) dell’ideatore della manifestazione “Una piazza per l’Europa”, il giornalista Michele Serra. Un evento ricco di incoerenza e di insensatezza, che potremmo analizzare da diversi punti di vista. Ma c’è un fattore che proprio non possiamo fare a meno di spernacchiare. Da Corrado Augias (“La risposta è stata grandiosa. Ora questa piazza è di nuovo Ventotene”) alla segretaria piddina Elly Schlein (“Noi come Partito democratico ci siamo, ci siamo con lo spirito federalista che si richiama allo spirito di Ventotene, che vuole sfidare i nazionalismi, che vuole riuscire a far superare l’unanimità con i veti e gli egoismi nazionali che hanno fino a qui tenuto sempre a freno il progetto europeo che deve invece andare avanti) tutti a parlare del manifesto di Ventotene. Ma l’avranno letto?

La domanda è lecita e la risposta non è scontata. Per carità, è un grande classico: quando non hai idee, ti affidi disperatamente a un simbolo. E il manifesto di Ventotene è un’ancora di salvezza per chi annaspa in nome dell’europeismo esasperato. Una cosa è certa: il testo firmato da  Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni conserva passaggi orribili per un liberale. Un manifesto socialista, imperniato sulla globalizzazione della politica. Mettiamo da parte gli aspetti più ovvi. C’è un primo dettaglio che va subito a smontare i sogni dei Serra boys: il manifesto di Ventotene non ha più niente di attuale. È semplicemente una simil sovietica che ogni liberale dovrebbe detestare. Avete capito bene: non c’è un liberale di questo secolo che possa accettare buona parte di quanto c’è scritto. Ve ne riportiamo alcuni estratti.

Parliamoci chiaro: il manifesto di Ventotene disegna un’Europa molto, molto simile all’Urss. Dirigista, socialista, contro la proprietà privata. Basti pensare a questo terribile passaggio: “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. Roba da brividi. E basterebbe questo, probabilmente.

Ma andiamo avanti. Il manifesto di Ventotene condanna il mercato. Connotato da una forte visione interventista, con lo Stato – o la federazione di Stato – con un ruolo attivo nel promuovere la cooperazione economica e politica, il testo cozza con il libero mercato. In ordine sparso, il manifesto propone “nazionalizzazioni su vasta scala, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti”, controllo e forte limitazione dei diritti di proprietà, equiparazione di stipendi e salari medi. E ancora controllo sui prezzi e sul meccanismo della domanda e dell’offerta, reddito minimo in sostituzione delle “avvilenti” attività di solidarietà individuali e sindacati non succubi del “grande capitale”.

Il testo del 1941 è fondato su una visione ideologica e politica molto forte, con un’Europa federale come risposta a totalitarismi e nazionalismi. Insomma, la necessità di un nuovo ordine mondiale. Un’impostazione in contrasto con il pluralismo. Soprattutto se spuntano frasi del genere: “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”. Insomma, il manifesto di Ventotene auspica un’Europa unita dal punto di vista politico, ma con tanto di “dittatura del Partito rivoluzionario” attorno il quale “si forma il nuovo Stato e attorno ad esso la nuova democrazia”. Democrazia prevista solo in seconda battuta, senza un orizzonte temporale ben definito. Una cosa è certa, celebra il testo: “Il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera”.

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E c’è un altro dettaglio che non può passare inosservato, legato indissolubilmente al manifesto di Ventotene. Nei suoi quaderni europei, Altiero Spinelli scriveva: “Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica“. Insomma, altro che Europa di pace. Solo con un guerra può celebrarsi il consolidamento, Un buon punto di riferimento, non ci sono dubbi…

Franco Lodige, 15 marzo 2025

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