Per carità, nessuno nega che democratici e repubblicani siano portatori di due visioni del mondo opposte e diverse. Così come è inoppugnabile che chi scrive e legge questo sito è profondamente avverso alla ideologia democratica. Ma, detto ciò, vi propongo un esperimento mentale: considerare il solo semplice fatto di una guerra di potere, o di una lotta politica, che divide oggi in due l’America, e in due e più parti persino ognuno dei due campi che si fronteggiano. E giudicare avalutativamente, come entomologi, la situazione.
- Il primo dato che emerge è la scomparsa da un bel po’della tendenziale “terzietà” e “autorevolezza” della grande stampa anglosassone, quella dei “fatti separati dalle opinioni” per intenderci: oggi il sistema dell’informazione, e anche quello dell’intrattenimento, si è politicizzato, è sceso in campo, come e più di quanto è stato per tutto il Novecento nel vecchio continente.
- Secondo dato: si è schierato tutto, o quasi tutto, da una sola parte, quella dei democratici. Un vero e proprio lavoro di egemonia, giunto senza ombra di dubbio a compimento. Poiché tuttavia viviamo in un mondo ove le notizie sono scientemente costruite a priori da comunicatori e spin doctor, ed è il terzo dato oggettivo e studiato persino nelle scuole di comunicazione, il risultato è che la realtà è sempre più costruita a priori, orientata e interpretata secondo schemi che fanno capo a una sola parte. Portano non a mentire (le fake news, che i son sempre state, sono il lato più banale della faccenda) ma a “colorare” la realtà con forti elementi interpretativi a senso unico.
Così, a livello mediatico, non c’è un vero conflitto delle interpretazioni ma una sola narrazione che si pone come realtà e pone le altre possibili come irreali o addirittura le esclude a priori dal discorso pubblico. Che giudica i leader della propria parte l’incarnazione del Bene, e gli altri il Male assoluto. Di questa evidente asimmetria se ne è avuta la prova ieri nell’Inauguration Day, soprattutto se si confronta la rappresentazione della cerimonia sui media con quella che ebbe quattro anni fa Donald Trump. Lì nessuna star dell’infotainment, e anzi un coro di indignazione totale verso l’uomo e le idee; qui un profluvio di nani e ballerine, di tutto il mondo dell’America che (si) piace e della narrazione mielosa con cui si pone come la parte buona.
E poi i nuovi feticci: la popstar finto-trasgressiva ma integrata nel sistema (Lady Gaga); l’altra che è anche un marchio di moda e fa trendy (Jennifer Lopez), a rappresentante delle subidentità e subculture che, in quanto “discriminata”, ha una corsia privilegiata (la sottosegretaria pediatra trans alla Salute è un po’ “inquietante” per i critici del gender ma è il prezzo che il “povero” Biden ha dovuto pagare ai nuovi idola fora che albergano in casa democratica); la ragazzina 22 enne elevata a poetessa, ma che è la versione moderna del giullare di corte, che esalta la democrazia che ha vinto sulla forza demoniaca (che è ovviamente quella trumpiana). Ora, Biden è troppo intelligente e “navigato” e anche altri democratici lo sono, per non sapere che la sua è una narrazione fra le altre e che Trump, che sicuramente c’ha messo del suo per farsi considerare (e anche per essere) un eversore delle istituzioni, ha fatto anche cose che hanno impresso un corso positivo a faccende, soprattutto di politica internazionale, una direzione che probabilmente sarà riconfermata anche dalla nuova amministrazione.
Ma può un leader che gioca su un terreno tutto politico non giocarsi tutte le carte per togliersi dai piedi un avversario ingombrante anche per il futuro? Soprattutto poi se il potere mediatico è tutto schierato con lui? E perché non dovrebbero approfittarne fra i repubblicani coloro che temono ancora la forza di Trump e che vogliono toglierselo fra i piedi come futuro competitor. Usare le idee per fare lotta politica è naturale. Il problema è che, su questo terreno “culturale”, non essendoci competizione, la conseguenza non può che essere il conformismo del “pensiero unico”. E il fatto è poi che ciò che è conforme e uniforme, non è affatto liberale. E non corrisponde allo spirito profondo che ha fatto grande nei decenni la civiltà americana. Siamo sicuri, come recitava ieri la retorica dell’Inauguration Day, che alla fine ha vinto la democrazia?
Corrado Ocone, 21 gennaio 2021