Se il Premier azzimato Giuseppe Conte leggesse l’ultimo saggio di Nicola Porro sulle tasse, capirebbe che presto se ne torna a Firenze a studiare per qualche concorso. A meno che l’Ilva non gli dia ancor prima il colpo di grazia. È storia che la maggior parte dei governi, e non solo in Italia, cadono per politiche fiscali vessatorie e Porro, star televisiva con Quarta Repubblica e Vicedirettore de Il Giornale, spiega ciò che accade ai nostri soldi dietro nomi come Irpef, Imu, Tasu, Iva, Tobin Tax, sugar tax e altre 100 ancora, c’è anche l’imposta di scopo, l’Iscop. Ma a parte le battute, non c’è niente da ridere. La sua ultima fatica Le tasse invisibili – l’inganno di Stato che toglie a tutti per dare a pochi – edito da La nave di Teseo – pagg. 205 è ciò che più vi potrà presto mandare in piazza per far cadere questo governo di tasse e manette.
È una lettura che vi aprirà un mondo. E non si tratta di una sollevazione per non pagare le tasse, anzi! Perché nel concetto filosofico della contribuzione, Porro, citando Francesco Ferrara (economista del secolo XIX perseguitato dal governo borbonico) dice: “Nel concetto filosofico lo Stato organizzato è il gran motivo che nobilita l’idea dell’imposta; nel concetto storico, invece, l’imposta è il gran segreto che organizza la tirannia. Tutto ciò che vi è di volontario nel primo, diviene usurpazione e furto nell’altro; là il soddisfarla è un vantaggio proprio, è un dovere verso i propri simili, qua pagarla è viltà, è atto da schiavo, è delitto perché chi paga un obolo al despota è per la parte sua responsabile di tutte le lacrime che la mano del despota farà versare all’umanità. E se nel concetto filosofico la parola contribuzione ci pare più vera e più degna, nel secondo vi invito pure a mutarla, ma sarà solamente per chiamarla flagello”.
Fin dall’inizio più chiaro di così l’autore non poteva essere. Tuttavia le ‘avvertenze’ di Porro per il cittadino-contribuente sono chiare: “Ogni imposta è infelice a modo suo. Quella sul reddito cura l’ingiustizia delle disuguaglianze, quella sul patrimonio si occupa di rimettere in linea meriti tra generazioni e quella sull’ambiente è volta a restituire agli uomini che verranno un po’ di quel verde che gli attuali abitanti della Terra avrebbero loro rubato”.
E quando entra nel merito, ad esempio, delle tasse ambientali le cosiddette ‘tasse buone’ sulla necessità di ridurre la CO2, la famigerata anidride carbonica, il gas serra responsabile principale del riscaldamento del pianeta la prima cosa che scrive è che “questa imposta buona, come detto, si deve applicare a un fenomeno detestabile come l’inquinamento. Non è molto importante che i suoi confini siano nettamente definiti. Anzi, al contrario, più vago il confine, più vasto è il potenziale campo d’azione del prelievo. L’importante è che il principio per cui si deve essere tassati sia giusto. O ritenuto tale.”
Ecco perché Conte, preso tra una passerella e un’altra dovrebbe ricordarsi che le tasse fanno cadere teste e governi, basta pensare alle rivolte che provocò la tassa sul macinato in Italia alla fine Ottocento. Attualmente la pressione fiscale è sopra il 40% la ‘Bestia amministrativa’, come la chiama Porro ha sempre fame e vorrebbe tassare anche il nostro respiro, è così spiegabile perché formule di abbassamento delle imposte e semplificazione della burocrazia fiscale vadano per la maggiore. E gli italiani, politicamente parlando, il respiro glielo toglieranno presto al nostro Premier con la pochette.
Luigi Bisignani, Il Tempo 17 novembre 2019