Cronaca

Perché difendo il prof che inneggia all’okkupazione

Antefatto. La mattina del 7 settembre un gruppo di ragazzotti (che si sono autorappresentati come appartenenti al cosiddetto “movimento delle tende”) ha invaso – senza preavviso, senza il consenso dei titolari – le sale della sede nazionale di Confedilizia, a Roma, per insultare i presenti con il megafono e dire una serie di stupidaggini. Si tratta di un comportamento che si commenta da sé e che come tale doveva essere giudicato.

Il fatto. Quando la notizia ha iniziato a circolare sui social, però, un professore di fisica dell’università di Perugia – Nicola Tomassetti – non soltanto ha applaudito all’azione di quei coraggiosi arditi, ma ha suggerito loro che nella prossima occasione avrebbero dovuto andare oltre: sfasciando tutto. Quando su Twitter gli è stata rinfacciata l’enormità di ciò che aveva detto (se proprio vuole distruggere la sede di Confedilizia ci vada lui a farlo, andando pure incontro alle conseguenze penali!), prima ha detto di non vedere errori e poi – forse convinto a quel punto di averla fatta grossa – ha protetto il suo profilo e in seguito l’ha riaperto, cancellando quel tweet. Altri però avevano già fatto lo screenshot, così che quelle affermazioni davvero assurde sono ormai documentate.

Che dire? Innanzi tutto una cosa: speriamo che l’università di Perugia stia ferma e non sanzioni in alcun modo quel comportamento di un suo docente, per quanto indegno. Soltanto tra il 2019 e il 2021 sono finiti sotto accusa molti docenti dei nostri atenei: da Marco Gervasoni a Giovanni Gozzini, da Marco Bassani a Francesco Venier, da Luca Bernardini a Simon Levis Sullam, e l’elenco in realtà è molto più lungo. Ogni caso fa a sé, naturalmente, e non è la stessa cosa esprimere il proprio plauso dopo un’azione violenta a danno di studenti, insultare con espressioni volgari una parlamentare, criticare nei social il ruolo politico del Presidente della Repubblica, condividere un meme sulla politica americana, apprezzare l’esposizione a testa in giù nella vetrina di una libreria di un volume scritto da Giorgia Meloni, e via dicendo.

In ogni caso l’università non può censurare opinioni e comportamenti privati: non è suo compito. Quello che un professore scrive a mezzanotte in un social non deve riguardare i colleghi e neppure il Rettore. Per giunta, l’università deve essere uno spazio di libera espressione delle idee. Se ci sono estremi di reato, saranno eventualmente altri a intervenire. Non censurare Tomassetti – nemmeno con un richiamo (perché il Rettore non è il padre dei suoi docenti, né un maestro di moralità) – sarebbe un primo passo per dirigersi verso un’università in grado di veder confrontarsi di nuovo culture e opinioni diverse. Oggi non è così, dato che regnano le ovvietà condivise dai cosiddetti benpensanti.

La condanna delle idee e dei gesti del compagno Tomassetti (lo chiamo così perché riporta falce e martello nel suo profilo), allora, deve venire da tutti noi, ma deve aver luogo sul piano delle idee. Quello che è stato scritto dal docente di Perugia non sta né in cielo né in terra, ma un’università libera deve dare ospitalità a tutte le voci, che possono e devono essere contrastate soltanto sul piano intellettuale. L’idea che il Rettore possa disporre di un “codice etico” e possa brandirlo a proprio piacere è folle e stalinista: e chi oggi vorrebbe veder sanzionato questo docente deve pure ben sapere che in molti altri casi si troveranno sotto inchiesta, e molto più facilmente, quanti detestano l’ordine politico elitario dei nostri tempi e l’ideologia del politicamente corretto che quel regime difende con tanto vigore.

Bisogna difendere la libertà di parola di Tomassetti proprio perché non si condivide in nessun modo quello che egli ha detto. Altrimenti si finisce per assomigliare sempre più a chi si vuole criticare… e non sarebbe una buona cosa.

Carlo Lottieri, 14 settembre 2023