Il presidente della Repubblica non si tira per la giacchetta. Non gli si danno lezioni e neppure consigli. Praticamente, è incriticabile. Più che muovergli contestazioni, gli si lanciano appelli. Solo che gli appelli, finora, non hanno funzionato.
Quante volte i leader di centrodestra hanno invocato la protezione di Sergio Mattarella? Quante volte gli hanno chiesto di valutare la rispondenza dell’attuale maggioranza parlamentare al consenso dei governati? L’ultima, in ordine di tempo, è stata Giorgia Meloni, secondo la quale il capo dello Stato non è solamente un notaio e può fare ricorso all’istituto dello scioglimento delle Camere, qualora ravvisi che si è determinata una frattura insanabile tra la gente e il palazzo. Sarebbe certamente il caso, se il centrodestra stravincesse le regionali.
Dall’esecutivo hanno già fatto sapere che non schioderanno. E la sensazione è che, nonostante gli attriti nei mesi del lockdown, non sarà il Colle a sfrattare Giuseppe Conte.
Prudente come un serpente
L’avvocato e Mattarella non si amano particolarmente: anzi, si dice che a quest’ultimo abbiano dato fastidio le uscite del premier su un mandato bis. Una ricandidatura, a questo punto, sarebbe solo un modo per bruciare un concorrente scomodo. Peccato che la posizione del presidente della Repubblica sia ormai cristallina: se accade qualcosa che imbarazza l’establishment, è prudente come un serpente (non è un insulto: citiamo il Vangelo). Se, invece, si tratta di bacchettare i sovranisti o puntellare la zoppiccante ammucchiata giallorossa, è prodigo di esortazioni.
Sarebbe facile ricordare il clamoroso veto su Paolo Savona ministro dell’Economia, o la scrollata di spalle sullo scandalo Csm. O la visita alla scuola cinese di Roma, quando pareva che il problema dell’Italia fosse la sinofobia e non il coronavirus. La tendenza sembra essersi accentuata negli ultimi tempi.
Silenzi sulla scuola
Siamo di fronte a un’imbarazzante serie di svarioni sulla scuola. E Mattarella cosa fa? Va a Vo’ a dire che il Paese non deve dividersi sulla ripartenza. Tradotto: niente critiche a Conte e Lucia Azzolina. Tanto che il presidente del Consiglio, cogliendo la palla al balzo, ieri si schermiva: ha ragione Mattarella, basta divisioni. Addirittura, il capo dello Stato si è spinto fino a utilizzare il tema del diritto allo studio come argomento pro banda larga. Sarà malizia, ma pare un assist al progetto di rete unica, battezzato da Beppe Grillo, benedetto dall’esecutivo e sul quale – peggio mi sento – avevano messo gli occhi i cinesi, sempre in partita sul 5G.
Dello stesso tenore sono le numerose dichiarazioni pro Europa di Mattarella – che almeno, quando erano in alto mare i negoziati per il Recovery fund, aveva alzato la voce con i nostri partner nell’Unione.
Superpartes?
Tirando le somme: è inutile che la destra si aspetti di essere garantita dall’inquilino del Quirinale. È stato lui, in fondo, a nutrire l’ego di Conte, fino a convincerlo che potesse giocare una partita personale, allo scopo di scalzare Matteo Salvini. È sempre lui a mostrarsi timido quando si tratta di tutelare un esponente sovranista – si veda il caso del complotto dei magistrati contro il capo della Lega – ma solerte, se c’è modo di scudare i giallorossi dalle rimostranze dell’opposizione.