Perché è patetico piangere per l’eco-ansia

Nel 1861 l’età mediana di morte era di 5,5 anni. Poi ci sono state la Grande Guerra, la povertà, la fame. E noi, privilegiati, frigniamo per l’eco ansia?

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NicolaPorro.it (6)

Per eco ansia, scrive l’American Psychology Association (APA), si intende “la paura cronica del cataclisma ambientale che deriva dall’osservare l’impatto apparentemente irrevocabile del cambiamento climatico  e la preoccupazione associata per il proprio futuro e quello delle prossime generazioni”. Giorgia, l’attrice che ha fatto piangere il ministro Pichetto Fratin, dice di soffrirne a tal punto che “le notizie di eventi estremi” le causano “attacchi di panico” e se vede un’ape a terra si sente “oppressa dall’angoscia”.

Non bisogna mai minimizzare le paure personali, per carità. Occorre tuttavia puntualizzare due questioni. La prima riguarda le “notizie di eventi estremi” che la fanno sprofondare nell’eco-ansia: forse la colpa, oltre che al clima, andrebbe data anche a quei giornali e telegiornali che sparano temperature a caso (parola di Paolo Sottocorona) o che soffiano sul fuoco dei cataclismi come se fossero prerogativa del 2023. Meno allarmismi, meno ansia: scommettiamo?

La seconda osservazione riguarda la frase di Giorgia sul non voler mettere al mondo un figlio, espressione che deve aver imparato da un’altra star del politicamente corretto quale Paola Egonu. “Io vorrei diventare madre, eccome – dice Giorgia – Però non penso sia giusto mettere al mondo una generazione che non potrà respirare aria pulita e che non vedrà la bellezza della Terra così come l’abbiamo conosciuta noi”. Bene. Forse Giorgia non sa che nel 1863 in Italia l’età mediana dei morti, nella sua quantificazione “pura”, cioè compresi i decessi infantili, era di 5,55 anni. In quell’anno morivano qualcosa come 220mila bambini entro il primo anno di vita per colpa di malnutrizione, malattie e tanti altri problemi oggi scomparsi. Nel 1881 l’età media degli adulti (esclusi quindi gli infanti dipartiti in culla) era di appena 54 anni. I nostri bisnonni crepavano per la Spagnola e la Grande Guerra, i nostri nonni per la II Guerra Mondiale, papà e mamma (si può dire?) hanno convissuto con l’incubo del conflitto atomico che poteva distruggere il Globo. Se i nostri avi avessero pensato alle loro reali e giustificate “ansie” (malattie, guerre, povertà) per decidere se mettere o no al mondo un figlio, di sicuro l’umanità si sarebbe estinta tempo fa.

Oggi invece possiamo godere di uno smartphone a testa (pure Giorgia, anche se avere Instagram inquina), di aria condizionata a gogo, in un anno realizziamo i viaggi in giro per il mondo che i nostri antenati neppure in 4 vite, consumiamo, produciamo, ci laviamo più spesso, abbiamo una medicina d’avanguardia, mangiamo meglio. L’aspettativa di vita supera gli 80 anni. E questo lo dobbiamo all’inquinamento. O meglio, è un benessere che dal 1900 in poi abbiamo conquistato grazie al consumo di energia e di fonti fossili. Quindi va bene cercare di ridurre l’impatto sull’ambiente. Va bene fare attenzione a buttare meno plastica. Siate pure vegetariani, se volete. Ma di fronte alle reali difficoltà del passato, e a quelle odierne di una parte del mondo “non sviluppato”, frignare per l’eco-ansia al Giffoni Film Festival suona davvero patetico.

Giuseppe De Lorenzo, 30 luglio 2023

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