di Toni Capuozzo
Stamattina si sono parlati. Non sono così ottimista. Immagino che la parte ucraina cercherà di non essere sbrigativa, perché ogni giorno in più di resistenza è un giorno vinto. Dall’altra parte i russi devono ottenere qualcosa presto, per la stessa opposta ragione. Hanno incontrato una resistenza più forte del previsto, e l’Occidente si è compattato, invece di dividersi. Possono i carri armati invertire il senso di marcia?
Ho visto accanite discussioni sulle colpe, e non mi sembra più il momento. Ho ascoltato recriminazioni sul passato degli uni e degli altri: nessuno ha tutte le ragioni, nessuno ha tutti i torti. Ho sentito liti sull’indole di Putin, e non è quel che conta, adesso. Non è equidistanza, conta chi ha invaso, e iniziato una guerra: sono fatti. Ma conta come reagire. Mi sorprende che i leader europei, e in generale i media e i commentatori, non si siano buttati sull’arsenale della pace, che è fatto di soluzioni, di proposte, di mediazioni, di dilazioni, non di sola speranza. Si sono studiate sanzioni, si è fatta molta retorica sulla resistenza, si inviano armi. Non vorrei che a Washington qualcuno, ringalluzzito dalla tenuta dell’esercito e dei cittadini ucraini, pensasse che è l’occasione per far pagare l’azzardo a Putin, per farlo ritornare vinto a casa, a vedersela con un paese umiliato, con qualcuno che pensi di soppiantarlo.
Certo, mi auguro che un giorno non lontanissimo anche la Russia trovi una sua democrazia, se lo vorranno i cittadini russi. Ma so bene che, davanti all’imbarazzo del vicolo cieco e al fantasma della sconfitta, Putin può essere tentato dal tanto peggio tanto meglio. Le donne che confezionano le molotov, i ragazzi che imbracciano i fucili, gli ucraini tutti che non siano davvero molto anziani non hanno visto una guerra, non ancora. La Russia di Putin ha usato solo una parte degli uomini schierati al confine, e solo una parte delle sue armi.
Ho visto cento volte in televisione lo stesso grattacielo colpito da un missile, come una rarità. Vi ricordate Grozny? Vi ricordate Aleppo? Sapete cos’è non un missile balistico, ma un bombardamento aereo? Putin vi sembra una belva? Immaginatevi una belva ferita, senza i guardiani di una vera opposizione, un vero parlamento. Certo, possiamo incoraggiare gli ucraini seduti al tavolo, stamane, a non cedere in niente. Che devono solo chiedere il dietrofront dei russi, e rivendicare il diritto a entrare nella Nato, come la Macedonia o il Montenegro (è molto più facile entrare nella Nato che nell’Unione Europea, sì). Possiamo pretendere che Putin si ammansisca, mandarlo a quel paese.
Io non so quale sia il laccio emostatico, se si possa a quel tavolo impegnarsi a non entrare nella Nato e però avere subito il diritto indisturbato a entrare nell’Unione Europea. Non so cosa succederebbe se quattro o cinque dei premier combattenti a distanza delle capitali europee, Roma o Berlino, si dirigessero dopodomani a Kiev con il biglietto d’ingresso omaggio per gli ucraini nel parlamento di Bruxelles, scudi umani e politici della libertà fatta di diritti, non di missili puntati da una parte o dall’altra. Non so, non è il mio mestiere. Ma noto che non è neppure il mestiere delle cancellerie europee, e neanche delle forze politiche, tutte inadeguate al caso, sembrano in una campagna elettorale anche in questa vicenda più grande e più tragica. Trovo debole persino la voce dei leader religiosi, e di quelli morali. Quando ero ragazzo la chiamavamo “la cartolina”. Era la chiamata di leva, la chiamata alle armi. I postini sono indaffarati, in questi giorni.
Ricordatevi però che il 4 di febbraio Putin andò a Pechino e forse ricevette un via libera. Ricordatevi che il tavolo di questa mattina l’ha allestito la Cina, non le Nazioni Unite. Ricordatevi pure tutti i valori che volete, ma siate realisti. Sul fuoco si getta una coperta, lo si soffoca. Non benzina. Tra sconfiggere Putin ed evitare un conflitto mondiale, scelgo la seconda. La solidarietà migliore a chi in questa settimana è stato aggredito è fermare la guerra. Per discutere come ci si è arrivati, e i torti e le ragioni di un conflitto sordo iniziato otto anni fa, e della lunga marcia della Nato a est, per quello ci sarà tempo dopo.
Sono andato lungo, lo so. Però sto per tacere un po’. Oggi inizio a scendere nei Balcani a fare un piccolo lavoro cui tengo molto, a lungo rinviato per la pandemia. Poco computer e poco telefonino, dunque. Grazie per avermi seguito, apprezzato o criticato, ma sempre senza urlare. Arrivederci.