Ancora sul mito del vento e del solare a buon mercato: se l’eolico e il solare sono così economici, perché rendono l’elettricità così costosa?
In questi giorni uno degli argomenti più discussi è il cosiddetto caro bollette. Ascolto con sempre meno interesse le soluzioni proposte dagli esperti e dai politici di turno, che in tre anni non sono riusciti né a risolvere il problema né ad abbozzare una chiara strategia. Magari se attingessimo alle riserve nazionali di metano, che ammontano ad almeno 42 miliardi di metri cubi, ne trarremmo un aiutino. E anche seguendo le folli logiche “green” l’ambiente (oltre al portafoglio) ci guadagnerebbe, perché ridurremmo l’impatto delle navi metaniere che macinano decine di migliaia di chilometri per rifornirci di quel gas che ancora, e per molti anni a venire, ci è indispensabile, al di là di ogni ipocrisia.
Una cosa è certa: le energie rinnovabili, che anche in Italia nel 2024 hanno coperto oltre il 52% della domanda elettrica non hanno contribuito ad abbassarne i costi. Eppure, stando a quello che ci raccontano, eolico e solare fornirebbero energia illimitata a costo zero, o quasi, e basterebbe disaccoppiare il costo dell’energia elettrica rispetto a tali fonti e al costo del gas per risolvere brillantemente il problema. Purtroppo, come già spiegato, solare ed eolico producono energia a basso costo se si ignorano le numerose voci di spesa correlate. Del resto, se fossero fonti così convenienti, non avrebbe senso continuare a incentivarli, e le aziende farebbero a gara per costruirli. Oltre a quanto già scritto, vorrei focalizzare l’attenzione su un aspetto quasi del tutto sottaciuto: l’elettricità fornita da pale eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie di accumulo non può essere messa in rete direttamente; inoltre, la crescente percentuale di elettricità proveniente da queste fonti rischia di mettere in crisi l’intera rete elettrica e di aumentarne i costi di gestione.
Infatti, quando si parla di fonti energetiche è necessario fare una distinzione tra quelle ad alta inerzia e quelle a bassa inerzia. Le fonti energetiche ad alta inerzia sono rappresentate dai sistemi di generazione di energia caratterizzati dalla capacità di mantenere la stabilità della rete elettrica grazie a una grande quantità di energia cinetica immagazzinata, che conferisce un’elevata inerzia alla fonte energetica. Questa inerzia deriva solitamente da componenti meccaniche pesanti, come i rotori delle turbine, che girano a velocità costante,azionando generatori sincroni, ad esempio quelli delle centrali idroelettriche, a carbone o nucleari. Quando si verificano variazioni improvvise nella domanda o nell’offerta di energia, queste fonti riescono a “tamponare” le fluttuazioni, garantendo una risposta più lenta e controllata rispetto alle fonti a bassa inerzia, come i pannelli solari o le turbine eoliche, che dipendono da condizioni variabili e non hanno masse rotanti significative.
In pratica, l’alta inerzia aiuta a stabilizzare la frequenza della rete a 50 Hz, essenziale per il funzionamento affidabile dei sistemi elettrici ed elettronici. Con l’aumento delle rinnovabili a bassa inerzia, è indispensabile affidarsi a impianti ausiliari per compensare questa caratteristica. È necessario, infatti, sottolineare che la stabilità della frequenza dell’alimentazione elettrica di rete è fondamentale perché molti dispositivi e sistemi elettrici sono progettati per funzionare correttamente solo entro un intervallo specifico di frequenza, che è di 50 Hz in Europa. Questa frequenza rappresenta il numero di cicli al secondo della corrente alternata (AC) e incide direttamente sul comportamento di motori, trasformatori, elettrodomestici e apparecchiature elettroniche.
Se la frequenza non è stabile, possono verificarsi diversi problemi:
- Motori elettrici: la velocità di rotazione dei motori a induzione dipende dalla frequenza. Una variazione significativa può causare malfunzionamenti, surriscaldamento o perdita di efficienza.
- Elettronica: Alcuni dispositivi con circuiti sincronizzati (come computer o apparecchiature industriali) possono subire errori o arresti se la frequenza devia troppo.
- Rete elettrica: Una frequenza instabile può indicare uno squilibrio tra la produzione e il consumo di energia. Se la domanda supera l’offerta, la frequenza tende a scendere; se l’offerta supera la domanda, aumenta. Questevariazioni, se non controllate, possonocausare blackout o danni alle infrastrutture.
Per quanto riguarda il margine di variazione tollerabile, nei sistemi moderni la frequenza è controllata con estrema precisione. In Europa, ad esempio, la rete ENTSO-E mantiene i 50 Hz con un margine tipico di ±0,1 Hz (cioè tra 49,9 Hz e 50,1 Hz) durante il normale funzionamento. Tuttavia, in situazioni eccezionali, come guasti o picchi di domanda, si può arrivare a tollerare deviazioni fino a ±0,5 Hz (49,5 Hz – 50,5 Hz) senza che si verifichino problemi gravi per la maggior parte dei dispositivi domestici. Oltre questi limiti, i sistemi di protezione della rete possono intervenire, scollegando carichi o generatori per evitare danni o instabilità.
In sintesi, la stabilità della frequenza è cruciale per garantire il funzionamento affidabile di tutto ciò che dipende dall’elettricità, e i gestori delle reti lavorano per mantenerla entro margini molto ristretti grazie a sistemi di bilanciamento in tempo reale.
Oggi la stabilità della frequenza è garantita dalle turbine a vapore presenti nellecentrali a gas, idroelettriche e nucleari (non presenti in Italia) che, attraverso la loro rotazione continua e sincronizzata con la rete, permettono di limitarne le fluttuazioni. Maggiore èl’inerzia e più stabile è la frequenza di rete. I pannelli fotovoltaici, che nel giro di una manciata d’anni faranno la parte del leone nel mix elettrico, non ruotano, e generano corrente continua, così come le necessarie batterie di accumulo. Pertanto, è necessario convertire questa energia elettrica continua in alternata, mediante dispositivi elettronici (inverter).
Le turbine eoliche, al contrario, producono corrente alternata che tuttavia non può venire immessa direttamente inrete, perché ha una frequenza bassa e variabile, quindi non in sincronia con quella della rete. Di conseguenza, l’elettricità da eolico e solare, e l’energia delle batterie di accumulo deve prima essere“lavorata”. Il compito di convertire la corrente e di variarne la frequenza viene svolto da particolari dispositivi elettronici chiamati inverter. In gergo tecnico, infatti, i parchi eolici e solari e i sistemi di accumulo vengono definiti risorse inverter-based. Non tutti gli inverter sono uguali. Quelli attualmente più diffusi sono detti grid-following – “seguono la rete” – ossia si allineano alla suafrequenza senza possibilità di modificarla. E se nel sistema c’è un disequilibrio, finiscono per amplificarlo. Gli inverter grid-following non sono adatti a una reteelettrica dominata dall’eolico e dal solare: in presenza di una quota del 60 percento di fonti rinnovabili nel mix, senza abbastanza turbine che garantiscanol’inerzia, il sistema potrebbe avere problemi di stabilità.
Il problema si può risolvere in due modi: o ci si affida a una riserva rotante, cioè si mantengono attive alcune centrali a gas a basso regime in modo che le loro turbine continuino a girare (ma è una soluzione inefficiente per i costi, per lo spreco di gas e per le emissioni), oppure si sostituiscono gli inverter grid-following con quelli grid-forming, che non “seguono” la rete ma la “formano”, essendo programmabili per fornirle energia nella forma e nella frequenza richieste. Per integrare in sicurezza i tanti impianti eolici e solari che dovranno venire installati, insomma, ci serviranno gli inverter giusti. Ricapitolando, aumentando la percentuale di energia elettrica da eolico e solare, aumenta l’instabilità della rete, che deve essere garantita da turbine convenzionali (termoelettriche e idroelettriche).
Ciò però ha due effetti economici negativi: le centrali termoelettriche sottoutilizzate hanno costi maggiori di gestione ed è necessario adeguare la rete di distribuzione per gestire i collegamenti e gli sbilanciamenti della rete. Per gestire la quota crescente di eolico e solare, nonché per un miglioramento delle interconnessioni (l’elettricità da eolico e solare è prodotta quasi sempre in località distanti dai punti di utilizzo), è nato, in Italia, il progetto Hypergrid di Terna. L’aggiornamento tecnologico della rete elettrica, infatti, è indispensabile per gestire la transizione ecologica. Terna, nel suo Piano di sviluppo 2023-2032 ha previsto un investimento da 11 miliardi di euro per questo progetto. Infatti, per riuscire a gestire le fonti energetiche asincrone è necessario implementare un layer incorrente continua sovrapposto alla rete esistente in corrente alternata, finalizzato al miglioramento della robustezza e della stabilità del sistema, oltre che alla compatibilità con le risorse inverter-based (utilizzando gli inverter “giusti”). Nella pratica, si compone di nuove stazioni di conversione corrente alternata/corrente continua per circa 13 gigawatt, di oltre 2.500 chilometri di infrastrutture in corrente continua (tra linee aeree e cavi marini) e di circa 400 chilometri di elettrodotti in corrente alternata ricostruiti con una tecnologia a basso impatto elettromagnetico; tutto ciò per far fronte alle variazioni del carico e della generazione – sempre più intermittente – con lo scopo di mantenere l’esercizio alle condizioni nominali di tensione e di frequenza, a seguito della progressiva dismissione della capacità termoelettrica. Inoltre, la nuova rete si prefigge di aumentare la capacità di transito dell’elettricità dal sud Italia, dove c’è un maggiore potenzialerinnovabile, al nord, dove la domanda energetica è più forte. Come già scritto, questi costi, pari a 11 miliardi di euro – un terzo della manovra finanziaria – dovrebbero essere inclusi nei costi legati a eolico e solare, ma, come molte altre voci, vengono spesso ignorati quando si valuta la convenienza di queste fonti energetiche, con il risultato che i prezzi delle bollette continuano, inesorabilmente, a salire.
Carlo Mackay, 5 marzo 2025
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