Il confine tra la salvaguardia della salute dei cittadini in un momento di emergenza sanitaria e la limitazione alle libertà individuali e collettive, è molto labile. Fino a che punto può spingersi un governo democratico nella sospensione di alcuni diritti sanciti dalla Costituzione? La Costituzione italiana è molto chiara in materia di libertà individuali, l’Articolo 2 recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, mentre l’Articolo 13 è ancora più esplicito: “La libertà personale è inviolabile”.
L’Articolo 16 si riferisce invece alla libertà di circolazione affermando che limitazioni in tal senso possono avvenire solo attraverso una legge: “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.
Come spiega il costituzionalista Alfonso Celotto, professore all’Università di Roma Tre e voce autorevole nel campo dei diritti, “i Dpcm approvati da Conte contraddicono la riserva di legge contenuta negli articoli 13 e 16 poiché servirebbe una legge approvata dal Parlamento dopo una discussione parlamentare per applicare le misure annunciate dal Presidente del Consiglio”. I decreti legge emessi da Conte assumono perciò un carattere di illegittimità a cui si aggiunge, con il discorso di ieri, una nuova contraddizione della Costituzione come spiega Celotto: “si configura anche una lesione dell’affidamento, il governo aveva creato un’attesa sulla data del 4 maggio che è rimasta tale perché de facto è cambiato poco o nulla”.
Nelle misure adottate non c’è perciò solo un problema di sostanza ma anche di forma: le limitazioni alle libertà che stiamo subendo avvengono senza un voto e una discussione in Parlamento ma con semplici decreti legge annunciati in conferenze stampa televisive, si tratta di un modus operandi che crea un precedente molto pericolo per una democrazia e rischia di diventare una prassi.
Eppure negli altri paesi europei la situazione è ben diversa; in Germania sia a Berlino che a Stoccarda si sono registrate dimostrazioni di protesta contro la limitazione delle libertà di movimento e il Presidente del Parlamento tedesco Schauble in un’intervista ha affermato che è sbagliato lasciare le decisioni solo nelle mani dei virologi sostenendo che “la dignità delle persone è intoccabile”. In Francia tra pochi giorni riapriranno le scuole, mentre in Italia dobbiamo continuare a giustificare i nostri spostamenti con un’autocertificazione anche in regioni e province dove da giorni il contagio è zero.
Eppure, dopo la conferenza stampa di ieri, qualcosa sembra essere cambiato nella percezione degli italiani che si sono dimostrati fino ad oggi rispettosi delle regole e delle misure imposte dal governo. In tal senso è stato promosso un appello da Daniele Capezzone e dal gruppo “Coalition Meeting Roma” per esprimere il dissento verso la reiterazione di misure restrittive: “#Conte non è proprietario delle nostre vite e delle nostre libertà. Nel rispetto di precauzioni e distanze, #TorniamoLiberi. Vogliamo uscire, lavorare, vivere, con libertà e responsabilità. Mercoledì 29 alle 21 partecipa e twitta #TorniamoLiberi con un tuo pensiero. #Rondini”.
A ciò si aggiunga l’assenza di una progettualità che sta sempre di più emergendo; la conferenza stampa di Conte ha lasciato un senso di spaesamento e numerosi dubbi negli italiani, nonostante le centinaia di persone che formano le task force, sembra mancare una visione per il futuro dell’Italia e questo è l’aspetto che spaventa di più.
Francesco Giubilei, 30 aprile 2020