Basta divano

Perché i giovani dovrebbero accettare lavori stagionali

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Non è solo una questione di reddito di cittadinanza o di testimonianze raccolte qua e là, è la voglia che latita. Di Neet ce ne sono tanti, e quando si parla di Neet non si intende solo chi non ha un lavoro, ma anche chi non sente l’esigenza di formarsi, di saperne di più. Questo è il vero male. Se vuoi, puoi, almeno qualcosa puoi. Perché un giovane dovrebbe aver voglia di lavorare? Per fame. Non intendo la fame di chi non ha da mangiare, intendo la fame di chi vuol creare. Di chi è vivo e vuole mordere tutto, come i bambini piccoli nella loro fase orale, in cui conoscono attraverso la bocca.

Quella voglia di cavarsela, di dimostrare a sé stessi e alla propria famiglia che si sa stare in piedi con le proprie gambe, che si può guadagnare agendo, grazie a quello che si ha in quel momento, alle proprie qualità, magari ancora acerbe e che proprio in quella occasione fanno capolino. Non puoi conoscere fino in fondo le tue attitudini se non ti lasci provocare, se non ci provi. Di rado il primo lavoro è quello della nostra vita, quello che ci corrisponde e ci fa sentire orgogliosamente in azione. Di solito c’è una fase di sperimentazione, in cui si impara, in cui si raccolgono dati. È una fase che ben si adatta alla freschezza e all’elasticità giovanili e può durare anche solo per un periodo limitato: pensiamo ai lavori stagionali per esempio. Ricordo quando mi cimentai nella raccolta delle mele.

Avevo finito tutti gli esami del primo anno e desideravo mettermi in gioco, guadagnare qualcosa per essere più autonoma e non appesantire i miei. Eravamo in cinque figli a casa e la tentazione di viziarci era spesso smorzata sul nascere dalle necessità. Ogni mattina arrivavo nel paese accanto al mio in bicicletta, salivo sul trattore insieme agli altri, cercando di raccogliere più mele possibile, dal momento che spesso controllavano se battessimo la fiacca. Rimasi attonita quando mi diedero un oggetto per me misterioso, il misuramele, per evitare che l’inesperienza me ne facesse raccogliere di troppo piccole. Ricordo le pause con quella merenda dal sapore croccante e sugoso, mai mangiate di più buone.

Sul trattore incrociavo gli occhi dei ragazzi dei paesi limitrofi, ce n’erano tanti che vedevano in quella raccolta condivisa oltre che un guadagno, un’opportunità, forse piccola, fugace, ma un’esperienza, un allenamento alla vita che contemplava il sacrificio. La sera ero stanca morta, quella fatica fisica e a contatto con la natura mi faceva piombare in un sonno saporitissimo che non dava spazio all’uggia dell’età. Non è l’unica esperienza lavorativa che ho fatto, ne sono seguite altre e spesso lontane dal mio percorso di studi, ma ognuna di esse mi ha insegnato qualcosa che porto oggi con me, in classe.

Si tratta di situazioni che fanno bene, perché ci portano alla scoperta delle nostre personalissime attitudini. Anche quando non sono del tutto positive, infatti, hanno la caratteristica di svelarci qualcosa di noi; se sappiamo relazionarci con un capo, con un collega, se sappiamo accettare una critica e farne tesoro, se quello che stiamo facendo ci realizza oppure no, in una relazione per negazione o corrispondenza che, comunque vada, ci darà informazioni limpide. Ed è proprio quando si è ragazzi, che possiamo permetterci questa bella elasticità e il cambiamento, fino a che troviamo quello che davvero desideriamo; è una gavetta che permette di vederci in azione e di fare una selezione esperienziale pratica, non solo teorica.

Se lavori come cameriera in un bar, dovrai sviluppare la tua parte empatica, la pazienza, esercitare il garbo e allo stesso tempo svolgere una fatica fisica puntuale e ripetitiva. Così, lavorando in un centro estivo, potrai lasciarti provocare dall’energia senza fine dei bambini, far emergere tutta la fantasia che hai a disposizione e allenare una pazienza educativa formidabile. Tutto questo bagaglio non andrà perduto, ma diventerà qualcosa di nostro e di arricchente per il lavoro che sceglieremo o che creeremo; si tratta dell’humus che farà fiorire i semi dei nostri sogni, palpabili e sudati  più di quanto  si possa immaginare.

Fiorenza Cirillo, 9 luglio 2022

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