L’amico Nicola (Porro) impazzisce: come mai i ricconi del centro di Milano votano per la Salis? Intanto, ricordiamoci di quel che tutti sanno o dovrebbero sapere: il termine “radical-chic” fu coniato dallo scrittore americano dandy (vestiva sempre di bianco dalla testa ai piedi) Tom Wolfe, a cui venne in mente al vedere un mega-party del famoso musicista Leonard Bernstein (recentemente celebrato da Hollywood) nel di lui attico su Central Park a Manhattan. Un cameriere in livrea raccoglieva su guantiera d’argento oboli dagli invitati. A che serviva la colletta? A finanziare i Black Panther, l’ala sinistra dei movimenti di Martin Luther King e di Malcolm X, cui rimproveravano l’eccessivo pacifismo.
Tra parentesi – lo ricordo per gli smemorati o per i giovani – quelli di X erano tutti convertiti all’islamismo (pure Cassius Clay alias Mohammed Alì), non sapendo o non volendo sapere che i trafficanti di schiavi africani erano tutti arabi, che li compravano da altri africani e li rivendevano ai bianchi sulla costa occidentale. Ebbene, Wolfe, beffardo, chiamò appunto radical-chic quei ricchissimi che apparentemente segavano il ramo su cui stavano seduti. In verità la liaison è molto più antica e risale alla Rivoluzione Francese. Un nome tra tutti: Filippo d’Orléans, cugino del re, autobattezzatosi Filippo Egalité e unitosi ai tagliateste giacobini. O l’abbé Sièyes, che si vantava di girare con una mannaia sotto la tonaca. O il vescovo Talleyrand, il più furbo di tutti: rimase a galla perfino nella Restaurazione (!), anzi fu lui a negoziare per la Francia al Congresso di Vienna. E nel nostro c.d. Risorgimento quanti erano i nobili che appoggiavano, a volte anche apertamente, i mazziniani e i loro attentati?
A Milano non era il salotto della contessa Belgiojoso uno dei punti di riferimento dei c.d. patrioti? E, in tempi di Sessantotto, quando la Fiat era bloccata da scioperi un giorno sì e l’altro pure per ogni motivo (perfino il Vietnam), che fece l’Avvocato per stemperare i bollori rivoluzionari? Cooptò i più in vista nelle sue testate, così che molti giornalisti di idee conservatrici si ritrovarono come direttori molti di quelli che fin lì avevano combattuto. E di chi era il Corsera da cui scappò Montanelli per fondare il suo, di giornale? Bene, l’attraction fatale tra ricconi ed estrema sinistra è di antica data. Ed è spiegata (ricordate il traliccio di Feltrinelli?) solo dalla psicologia.
Da una parte, il ricco soffre di coscienza sporca di fronte ai poveri, specialmente i preti gli hanno detto che quelli sono poveri per colpa sua, e opta per coloro che se ne intestano la rappresentanza. Dall’altra, sborsando solo una piccola parte dei loro averi si parano le terga, perché non si sa mai. Del resto, anche loro hanno studiato alla scuola dell’obbligo, dove gli è stato insegnato che la parte giusta della storia è quella sinistra, da Robespierre a Marx, a Berlinguer. Infine, veniamo all’oggi, e a Milano. La Regione è di centrodestra, il capoluogo no. Vota Sala e lo rivota. Così, tutti vanno in bici e c’è più spazio per le loro Maserati. L’ordine pubblico? Riguarda il popolo, non loro che hanno i bodyguard e non pigliano certo il treno per viaggiare. Cuore a sinistra e portafogli a destra, chi vince vince e loro cascano sempre in piedi.
Sono personalmente stato presente a una iniziativa c.d. umanitaria milanese, vip a servire i clochard. I discorsi, dei primi, nelle pause, facevano cascare la braccia: un’ignoranza abissale condita degli slogan più vieti (e la creatrice insuperata degli slogan è la sinistra, madre e maestra di propaganda). Forse che, occupati a far soldi, non avevano tempo di leggere niente, nemmeno i giornali? Forse che, in crociera sui loro yacht, non si portavano certo i libri? Boh.
Rino Cammilleri, 12 giugno 2024
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