Per aver posto fine all’anarchia, il fascismo godette di un ampio consenso di massa, dell’appoggio di una parte non mediocre dell’intellighentzia nazionale, di un prestigio all’estero di cui non avevano goduto i precedenti governi, testimoniato dall’interesse per le opere del regime mostrato da statisti come F.D. Roosevelt e W. Churchill. Che la Guerra d’Etiopia, il sostegno alla Spagna di Francisco Franco, le infami leggi razziali, l’alleanza con Hitler – per non parlare della fine delle libertà statutarie – abbiano segnato la sua ingloriosa fine è un fatto.
Ma è innegabile che meritino rispetto quanti, sbagliando, lo sostennero in buona fede fino alla fine (v. i ricordi del repubblichino Roberto Vivarelli – divenuto poi l’erede spirituale di Gaetano Salvemini – che furono oggetto di una fatwa antifascista). Per Lagioia, come per Umberto Eco che parlava di fascismo eterno (Ur-Faschismus), il fascismo è sempre vivo e vegeto e oggi Putin ne costituirebbe un esempio da manuale. Sono fascismo, infatti, l’esaltazione del nazionalismo, il ricorso alla violenza per risolvere le controversie, la persecuzione delle minoranze, la riduzione delle donne in uno stato di minorità, l’uso strumentale della religione: il fascismo, insomma, come incarnazione del Male assoluto. Che un figuro come Putin, ‘regolarmente iscritto al Partito’ (per citare Woody Allen), alto funzionario del KGB, faccia pensare al Fuhrer e non a Stalin, all’invasione della Polonia e non alle Fosse di Katyn, la dice lunga.
Dibo Cofrancesco, da Paradoxa Forum, 26 aprile 2022