Perché il centrodestra sbaglia a non battersi per il No

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L’annuncio di una manifestazione a Roma il 12 settembre per votare no al referendum sul taglio dei parlamentari, è la conferma dell’errore strategico del centrodestra sul posizionamento in merito al quesito referendario. Organizzatori dell’evento saranno Gianni Cuperlo, Emma Bonino, Riccardo Magi, Gregorio De Falco e Jasmine Cristallo delle Sardine. Dove è la destra? Perché regalare una battaglia contro l’antipolitica alla sinistra e alle sardine?

Sono essenzialmente cinque i motivi per cui bisogna votare no al referendum, partendo dal presupposto che in Italia abbiamo bisogno di buona politica, non di antipolitica. La questione di fondo non è il numero di parlamentari ma la loro efficienza e le modalità con cui viene selezionata la classe dirigente. In tal senso il taglio dei parlamentari:

1. Non rappresenta un risparmio per lo Stato. Stiamo parlando di una cifra irrisoria a fronte del bilancio statale mentre la CGIA di Mestre solo pochi giorni fa ha spiegato come nella pubblica amministrazione vi siano sprechi per 200 miliardi di cui ben 57 in inefficienze.

2. Elimina la rappresentatività sui territori. Con il taglio, il rapporto tra il numero di parlamentari e gli abitanti passerà da 1,57 ogni 100.000 abitanti a 1 ogni 100.000 diventando tra i più bassi d’Europa, così facendo ci saranno intere aree del paese non rappresentate, in particolare nel sud Italia, nell’entroterra, nei piccoli paesi.

3. È una misura antidemocratica perché aumenta il potere delle lobby e dei gruppi di pressione e diminuisce le possibilità per un semplice cittadino di diventare parlamentare. In particolare verrebbero colpiti i giovani militanti dei partiti che non avrebbero più la possibilità di diventare parlamentari.

4. La vittoria del sì porterà a dover rivedere il funzionamento della macchina statale. Dall’elezione del presidente della Repubblica alle commissioni, fino alla necessità di una nuova legge elettorale di cui non si sente il bisogno in un momento in cui le priorità e le emergenze del paese sono ben altre.

5. Votare no non significa essere contrari a qualsiasi riforma, ci sono riforme necessarie come il presidenzialismo o l’introduzione delle primarie per selezionare i candidati con regole chiare e ben definite.

Probabilmente prevarrà il sì al taglio dei parlamentari ma ci sono battaglie che vanno intraprese anche se potenzialmente perdenti. La politica non può limitarsi alla mera ricerca del consenso ma deve essere in grado di articolare ragionamenti che vadano oltre la facile ricerca di voti con iniziative populiste come il taglio dei parlamentari.

Limitarsi ad analisi a breve termine rischia di essere controproducente, in un primo momento il fronte del sì sembrava granitico e largamente maggioritario, per paura di essere etichettati come casta o difensori dei privilegi, tutti i principali partiti (anche di centrodestra) hanno votato in parlamento a favore del taglio. Con l’avvicinarsi dell’appuntamento referendario, il no è cresciuto in modo trasversale e non solo nelle classi dirigenti dei partiti di centrodestra ma anche tra la base sono aumentate giorno dopo giorno le persone che si esprimeranno contro il taglio.

La politica deve ritrovare il coraggio di fare scelte controcorrente che nell’immediato possono rivelarsi scomode ma che premiano in una prospettiva a medio e lungo termine. Il referendum è un’occasione persa per il centrodestra, votare no sarebbe non solo una battaglia giusta ma avrebbe potuto assumere un significato politico in chiave anti governo essendo il fronte del sì appoggiato dal Partito Democratico e dal Movimento Cinque Stelle che, se dovesse prevalere l’assenso al taglio dei parlamentari, si intesterà la vittoria.

Francesco Giubilei, 3 settembre 2020

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