Carlo Messina, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, con una mossa tanto repentina quanto ben costruita, ha dato una zampata nell’asfittico mondo delle imprese italiane. Ha scelto come preda la migliore delle banche di seconda fascia, l’Ubi, riportata in vita da uno dei più bravi manager bancari in circolazione, e cioè Victor Massiah. Si pensava che Ubi potesse comprare qualche rivale: è stata comprata.
I modi possono sembrare poco urbani; proprio nel giorno in cui Massiah raccontava il futuro della sua banca in solitaria, si è beccato la scalata. Eppure Intesa ha fatto tesoro dalle sue incertezze del passato: un’operazione con le assicurazioni Generali saltò proprio perché trapelò sui giornali. Ecco perché l’acquisizione è stata annunciata come un fulmine a ciel sereno e – cosa rarissima nel mondo della finanza internazionale – è rimasta segreta, escludendo così operazioni preventive grazie ad informazioni privilegiate.
Nasce così un colosso in Italia, e il settimo gruppo bancario in Europa. Ma restiamo ancora dei nani. Basti pensare che la sola JpMorgan ha un valore pari alle dieci più importanti banche europee messe insieme. Ieri i mercati finanziari hanno premiato la preda (come era inevitabile, vista la valorizzazione implicita nell’acquisto), ma anche il predatore. Segno che il mercato ritiene che si crei ricchezza per tutti. La nascita di un nazionale, nel settore del credito, avviene nel momento di maggior debolezza della politica.
Con generosità, ben calcolata, Messina si è fatto assistere dall’istituto che un tempo era suo rivale, e cioè Mediobanca. La personalità più eminente di Intesa e Ubi, e cioè il professor Bazoli, ha dichiarato di non essere stato messo al corrente dell’operazione. Difficile però pensare che sia stata organizzata contro il suo parere.
Tutti piccoli dettagli di un puzzle che ci fanno ritenere come sia nato in Italia un nuovo punto di riferimento anche politico. Nel senso più nobile del termine. Se l’offerta dovesse essere accettata, Intesa Sanpaolo racchiuderebbe in sé gran parte di quello che resta dell’establishment italiano. Non più solo una banca di sistema, non più solo il centro per la soluzione dei pasticci combinati da politica e imprese. Diventa un imprescindibile attore politico di un Paese desertificato. In cui mancano da anni punti di riferimento dell’economia.
Carlo Messina è un uomo di conti e di bilanci. Ha sempre dimostrato di avere sensibilità verso il mondo che lo circonda, basti pensare agli impegni recentemente assunti sulla sostenibilità, sulla cultura e sull’educazione, ma sempre con un occhio all’ultima riga del conto economico. E ciò che chiedono gli azionisti. E ciò che serve all’Italia. Come per tutti i campioni nazionali, il rischio potrà nascere quando si cambierà l’allenatore.
Nicola Porro, Il Giornale 19 febbraio 2020