Il leader storico dei No Tav, Alberto Perino, ieri ha detto chiaro e tondo ai Cinque Stelle – in primis, Luigi Di Maio -: “Ci avete venduti, come tutti gli altri”. Il Movimento grillino è una grande macchina propagandistica che produce prima illusioni e poi delusioni. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo sa da molto tempo che la Torino – Lione va fatta e prima che il presidente del Consiglio dicesse che “non farla costerebbe più che completarla” era stato proprio lui ad avere questa posizione o a paventarla. Dunque? Dunque, il nuovo atto della tragicommedia No Tav/ Sì Tav è solo uno dei molti modi con cui l’attuale governo si differenzia da tutti i precedenti esecutivi. La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: perché il governo Conte, pur entrato più volte virtualmente in crisi, non cade?
Ieri in val di Susa ci sono stati scontri e violenze. La maggioranza di governo e gli stessi ministri dell’esecutivo si sono non solo divisi con opinioni e giudizi diversi ma hanno anche assunto posizioni politiche opposte che di fatto portano i Cinque Stelle – Di Maio, Toninelli, Di Battista, Morra – ad avere la stessa posizione dei No Tav e dello stesso Perino. In pratica, il partito di maggioranza relativa e la maggioranza dei ministri sono contro il loro stesso governo. Sembra che si ripetano le scene di un bel po’ di anni fa quando Rifondazione comunista era allo stesso tempo al governo e contro il governo. Sembra, perché nei fatti la situazione è ancor più tragicomica. I Cinque Stelle possono essere accusati da Alberto Perino di tradimento e contemporaneamente possono stare sia al governo sia contro il governo per un motivo semplicissimo: perché non c’è nessun governo. Ci sono le prove.
Qualche giorno fa il professor Giuseppe Conte – colui che disse di sé “sono l’avvocato degli italiani” – è andato al Senato e, sul caso Salvini-Savoini-Russia, ha detto che fu proprio il Viminale a volere la presenza di Savoini, smentendo così sul piano istituzionale il suo ministro dell’Interno che non si è presentato in Parlamento. Uno scontro istituzionale di questo tipo all’interno del governo e con i suoi due massimi rappresentanti – il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno – avrebbe portato qualunque altro esecutivo precedente al governo Conte alla crisi e alle dimissioni o del premier o del ministro. Qui, invece, si va avanti come se nulla fosse. Perché, appunto, il governo non esiste.
Passa solo qualche giorno e la scena si ripete. Il presidente del Consiglio addirittura “decide” che la Tav si farà e questa volta tocca al ministro del Lavoro svolgere il ruolo dell’oppositore interno dicendo “noi non ci arrendiamo, noi pensiamo al Paese” e consentire la presentazione a Palazzo Madama di una mozione parlamentare per capovolgere la scelta del capo del governo. Anche in questo caso, in passato ci sarebbe stata una crisi e ci sarebbero state o le dimissioni del presidente del Consiglio, ormai privo del sostegno del partito di maggioranza relativa, o le dimissioni del e dei ministri No Tav come Di Maio e Toninelli. Invece, ancora una volta si va avanti come se nulla fosse.
Il presidente del Consiglio non è un presidente del Consiglio ma un parafulmine. Tutte le tensioni, gli errori, gli orrori, le stupidaggini, le goffaggini, i fallimenti delle due forze elettorali – non possono chiamarle forze politiche – che sostengono il governo si scaricano sul professor Conte il quale non rappresentando nient’altro che se stesso non può pagare alcun vero prezzo politico. Lo dico con rispetto per il professore e per l’uomo e, tuttavia, non si può non notare che proprio il punto debole del governo è il punto di forza del governo.
La crisi di governo e la rovinosa caduta ci sarebbero già state se sulla poltrona del capo del governo ci fosse stato o uno dei due leader delle forze elettorali o un qualunque altro volto politico dei due autorevoli mondi populisti. Invece, siccome quella casella è rimasta sostanzialmente vuota, allora, tutte le contraddizioni e tutti i contrasti e gli scontri cadono, appunto, nel vuoto.
La Lega e il M5S, che pur divisi su tante cose sono i due volti del medesimo illiberale fenomeno populista, con la storiella del contratto di governo affidato alla figura manzoniana dell’avvocato di provincia, si sono inventati un modo non per governare ma per occupare il governo. Il governo Conte è l’applicazione della teoria del vuoto con cui è nato il primo esecutivo dell’età post-politica con cui le forze elettorali occupano le istituzioni lasciando che il Paese proceda nel suo inarrestabile declino. Chi attende la caduta del governo per una sorta di implosione attende invano. Il governo cadrà solo quando ci sarà un’Alternativa. E qui inizia un’altra teoria del vuoto.
Giancristiano Desiderio, 28 luglio 2019