Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.
Il Financial Times provoca talvolta in chi lo legge una sensazione di ebbrezza, un quasi ritrovare lo spirito dei Vangeli: “Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno”. Così ad esempio avviene scorrendo “Forecasting the world in 2021” del 30 dicembre, una raccolta di pareri delle firme più prestigiose del quotidiano londinese su quel che avverrà nel 2021.
Esemplare è l’inizio di questo “forecasting”. Quante non ne abbiamo prese sul 2020! Il disfacimento della grande coalizione tedesca, il ritorno di Matteo Salvini al governo, l’irriformabilità del partito laburista. Naturalmente si fa presente che la radice delle tante previsioni non azzeccate è il Covid-19 un fattore fondamentale nel definire le sorti del mondo di cui nel 2019 non si aveva alcuna contezza. Questa onestà sui propri errori rende ancora più interessante i pareri per il prossimo anno e coraggiosa la scelta di tener ferma la scelta del “sì, sì, no, no tutto il resto è del maligno”. Vi sono almeno diverse previsioni politiche “color salmone” che è interessante esaminare, e magari lo faremo nei prossimi giorni.
La prima su cui mi pare giusto soffermarsi è quella su Joe Biden: sarà una lime duck, un’anatra zoppa sin dall’inizio? Si chiede il principe degli analisti Ft sugli Stati Uniti, Ed Luce. No, risponde Luce: “Mr Biden will find it hard to get big reforms past a Republican-controlled Senate. But he will have plenty of leeway to act in foreign policy and via executive action”, probabilmente avrà molte difficoltà a far passare grandi riforme se il Senato sarà controllato dai repubblicani, ma avrà tanto spazio per agire in politica estera e nei campi dove contano le decisioni dell’esecutivo. Ecco un caso dove mentre si è entusiasti del “metodo”, cioè della scelta di non usare formulazioni pasticciate del tipo di quelle prevalenti in tanta parte della stampa italiana, sorgono diversi dubbi sulla sostanza.
Nelle ultime settimane sono successe le seguenti cose: un patto commerciale tra Cina. Australia, Giappone, Corea del Sud, Vietnam. L’uccisione del principale scienziato iraniano impegnato a costruire quella bomba nucleare con la quale Teheran minaccia di distruggere Israele. La Germania sta guidando l’Unione europea a firmare un accordo commerciale con la Cina che Biden aveva chiesto di non siglare prima che lui entrasse alla Casa Bianca. Infine la fedelissima Gran Bretagna ha appena approvato un accordo commerciale con una Turchia sottoposta a sanzioni da Washington per aver acquistato sofisticati sistemi missilistici da Mosca.
Si ha come la sensazione che in tutto il mondo si sia diffusa una certa preoccupazione per una nuova amministrazione democratica esposta a ripetere le scombinate scelte in politica estera di Barack Obama e dei suoi tra il 2008 e il 2016.
Fantastico fare previsioni nette, ma senza dubbio meglio ancora se non un po’ troppo offuscate da un eccessivo odio per Donald Trump e da un approccio alla benedetta e sacrosanta globalizzazione, sfrenatamente ideologizzato secondo lo stile tipico di giornalisti come Ed Luce.