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Perché il partito del lockdown inizia a perdere pezzi

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E se il vento stesso cambiando? Se il fronte nazionale del lockdown stesse iniziando a perdere pezzi? Qualche indizio di una musica diversa, adesso, esiste davvero. Vediamo quali sono i segnali.

Si parte da una premessa: il partito delle chiusure resta fortissimo. È un blocco che va dall’Istituto superiore di sanità, al Consiglio superiore di sanità, al Comitato tecnico-scientifico, passa per i consulenti del ministero della Salute, il ministro stesso, diversi televirologi e arriva alla maggior parte del gruppo dirigente del Pd. Oltre, ovviamente, al M5s, che si ostina a rivendicare gli immaginari successi di Giuseppe Conte nel contenimento dell’epidemia. Né è da escludere che anche il Quirinale sia sostanzialmente d’accordo con le idee di Roberto Speranza.

Barriera contro Salvini

Sulle serrate, si sta giocando una delicata partita politica. La campagna mediatico-terroristica, intrapresa soprattutto dal Corriere della Sera, non ha tanto a che fare con il lieve peggioramento della curva epidemiologica, o con l’incognita delle varianti, che presumibilmente circolano da mesi e che sicuramente dovevano essere monitorate con largo anticipo. In ballo, piuttosto, c’è il baricentro del governo.

La sinistra spinge affinché non siano concesse linee di credito alla Lega, che invece propone di superare alcune delle regole più squinternate e cervellotiche applicate finora. A cosa serve il coprifuoco, in vigore ormai da ottobre? Qualcuno ci spiega quanti contagi ha impedito? E perché, in zona gialla, si può andare al ristorante a pranzo, ma non a cena? Perché i protocolli varati dagli “esperti” per i locali erano sicuri a luglio, però non lo sono a febbraio? Perché prevengono le infezioni a mezzogiorno e non alle otto di sera?

Bonaccini e Patuanelli pro riaperture

È proprio su questo capitolo che si sta aprendo la prima breccia. Ieri, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna e capo della Conferenza delle Regioni, ha ammesso che è “ragionevole” la richiesta di Matteo Salvini, di lasciar aprire, dove possibile, i ristoranti di sera. È evidente che, sullo sfondo di questa sortita, si staglia la corsa alla segretaria del Pd. Nel partito, in effetti, cresce il malcontento per la strategia suicida del “Conte o morte” e per l’appiattimento sull’Ulivo 2.0 giallorosso. Nicola Zingaretti non è più inamovibile, come ha ammesso il guru Goffredo Bettini. La leadership dem, insomma, è contendibile, e Bonaccini potrebbe puntare a una piattaforma nazionale. Ma il governatore è anche il rappresentante di una delle Regioni del Nord produttivo, quello più penalizzato dai provvedimenti, spesso, vessatori, che a Roma si assumono nel nome della lotta al Covid.

Non è tutto. Ieri, anche il nuovo ministro delle Politiche agricole, il 5 stelle Stefano Patuanelli, ha annunciato che, “attraverso il Cts, stiamo lavorando a un protocollo per consentire alla ristorazione la ripartenza. Anche perché”, ha ammesso l’esponente grillino, “ci sono comparti fornitori, come quello del vino, in grande sofferenza”. Tutto ciò è accaduto nella giornata in cui Salvini incontrava Mario Draghi, con il quale ha insistito su un nuovo approccio alla gestione della pandemia. Non solo ristoranti aperti a cena, ma “chiusure mirate”.

Chiusure chirurgiche

Alla fine, è probabile che nell’esecutivo si raggiunga un compromesso, per citare Bonaccini, ragionevole. Resterà il sistema dei semafori (che peraltro, in sé, è un meccanismo di buon senso, che permette di differenziare le restrizioni, anziché imporre un unico schema a tutta la Penisola). Ma oltre a una revisione dei parametri, stavolta, si dovrebbe consentire che i divieti siano rimodulati all’interno delle stesse Regioni, come già sta avvenendo in questi giorni, nelle province e nei Comuni in cui sono state istituite zone rosse o zone arancioni rafforzate. Dunque, da un lato riaperture parziali dei settori più colpiti dalla crisi, dall’altro lockdown solo chirurgici. Nel tipico stile di Draghi, sarebbe un equilibrio subottimale: tutti quanti dovranno cedere su qualcosa. Ma è pur sempre un equilibrio.

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