Commenti all'articolo Pensieri Lenti Pensieri Veloci (Daniel Kahneman)
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Davide V8
8 Maggio 2019, 16:56 16:56
La perseguito anche qui :) Ho trovato anche io molto interessante il libro (non ancora finito), su cui ritengo indispensabile fare una considerazione. Il miglior modo per indurre a pensare in modo “faticoso” è quello di avere un interesse reale in gioco: se devi solo rispondere ad un test sbagli il prezzo della palla. Ma (mia interpretazione) se la palla devi comprarla veramente, sei incentivato a “faticare” per calcolarne il prezzo reale (questo viene confermato da svariati altri esperimenti). Quali sono le implicazioni? 1) Tutto questo conferma e rafforza la filosofia del libero mercato: è la responsabilità individuale, il dover sopportare le conseguenze del proprio operato, a portare comportamenti corretti. E’ in questi casi che ci si sofferma a ragionare. Senza conseguenze, si sceglie la via più semplice. 2) Questo contrasta totalmente con chi usa Kahneman per sostenere la “irrazionalità” del comportamento umano, e quindi la necessità di avere una “guida” illuminata dall’alto. E’ il contrario: la guida dall’alto NON ha interesse diretto, quindi non ha incentivo ad usare il sistema “lento”. E’ l’interesse diretto ed individuale, cioè il liberismo, a farlo. 3) La “irrazionalità” del dualismo lento-veloce è solo apparente, e probabilmente negli occhi di chi legge i test in modo superficiale. E’ perfettamente razionale usare risorse limitate (la fatica di pensare) quando ci sono conseguenze, e quando le… Leggi il resto »
Giacomo
8 Maggio 2019, 13:51 13:51
Tutto già noto, ciò che manca è l’applicazione.
Valter
8 Maggio 2019, 13:24 13:24
Vorrei aggiungere, per quanto attiene alla creazione del problema “cambiamenti climatici”, che se lo cataloghiamo da un punto di vista filosofico possiamo parlare di finalismo: assumere a priori che il clima dovra’ essere come noi vogliamo che sia, ovvero “stabile” (palese utopia), e mettere in atto programmi che ci illudiamo siano in grado di stabilizzarlo. Lo stesso atteggiamento filosofico del materialismo dialettico che i marxisti avevano eletto al rango addirittura di metodo “scientifico” atto a spiegare le dinamiche socioeconomiche e che avrebbe dovuto condurre, mettendo in atto azioni e comportamenti mirati al fine prefigurato, alla perfezione della società comunista (altra palese utopia). Abbiamo visto come è andata a finire. Spostandoci nella dimensione psicologica entrambe gli esempi (e molti altri costellano la storia umana) possono a buon diritto essere interpretati come una disfunzione del processo cognitivo influenzata dall’emotività e dall’affettività. E quale sarebbe la motivazione profonda (emotiva) per l’uno e per l’altro ? Per quanto attiene al clima la motivazione principale dei seguaci della religione ambientalista sarebbe una sorta di senso di colpa che induce ad un pauperismo penitente per emendarsi dal “nuovo peccato originale” rappresentato dai “crimini” della civiltà occidentale: colonialismo, schiavismo, consumismo, capitalismo etc. etc..Per quanto attiene al marxismo si tratta di un sistema filosofico la cui motivazione irrazionale ed emotiva è solo agire, dando loro “dignità culturale”, i… Leggi il resto »
Rocco
8 Maggio 2019, 8:49 8:49
L’ambientalismo è populismo. Ogni “segnale” percepito dai sensi o creato dalla mente, produce tre tipi di effetti: mi piace, non mi piace, indifferente. Lo stesso meccanismo di quando si guarda un oggetto in vetrina. Se piace, mi ingegnerò a trovare spiegazioni logiche per convalidare quella sensazione; lo stesso per quanrto riguarda il non mi piace. Così funzioniamo. Il “problema” è frutto della percezione: chi lo vede e chi non lo vede. la soluzione al “problema”, una volta che si è stabilita l’esistenza di un “problema”, potrebbe anche essere intuitiva, ma non è detto che sia la prima cosa che salta in mente in quel momento. Vi è un laborioso processo per la soluzione dei problemi, si chiama Problem Solving; un processo di varie fasi che parte dall’analisi dei dati. nessuno adotta questo processo! Si limita ad una soluzione che “piace” o “non piace”, ossia una pura e semplice questione emotiva. L’emigrazione è un problema? Dipende da colui che lancia il problema se è capace di suscitare quello stimolo per cui è visto come problema e quindi necessitante di soluzioni. Quali soluzioni? quelle ragionate partendo dai dati? No, quelle che suscitano una emozione. Lo stesso vale per l’inquinamento. Esiste l’inquinamento? Dipende da chi osserva il fenomeno e stabilisce che vi è un problema da risolvere, cercando con discorsi di suscitare quell’emozione… Leggi il resto »
La perseguito anche qui :) Ho trovato anche io molto interessante il libro (non ancora finito), su cui ritengo indispensabile fare una considerazione. Il miglior modo per indurre a pensare in modo “faticoso” è quello di avere un interesse reale in gioco: se devi solo rispondere ad un test sbagli il prezzo della palla. Ma (mia interpretazione) se la palla devi comprarla veramente, sei incentivato a “faticare” per calcolarne il prezzo reale (questo viene confermato da svariati altri esperimenti). Quali sono le implicazioni? 1) Tutto questo conferma e rafforza la filosofia del libero mercato: è la responsabilità individuale, il dover sopportare le conseguenze del proprio operato, a portare comportamenti corretti. E’ in questi casi che ci si sofferma a ragionare. Senza conseguenze, si sceglie la via più semplice. 2) Questo contrasta totalmente con chi usa Kahneman per sostenere la “irrazionalità” del comportamento umano, e quindi la necessità di avere una “guida” illuminata dall’alto. E’ il contrario: la guida dall’alto NON ha interesse diretto, quindi non ha incentivo ad usare il sistema “lento”. E’ l’interesse diretto ed individuale, cioè il liberismo, a farlo. 3) La “irrazionalità” del dualismo lento-veloce è solo apparente, e probabilmente negli occhi di chi legge i test in modo superficiale. E’ perfettamente razionale usare risorse limitate (la fatica di pensare) quando ci sono conseguenze, e quando le… Leggi il resto »
Tutto già noto, ciò che manca è l’applicazione.
Vorrei aggiungere, per quanto attiene alla creazione del problema “cambiamenti climatici”, che se lo cataloghiamo da un punto di vista filosofico possiamo parlare di finalismo: assumere a priori che il clima dovra’ essere come noi vogliamo che sia, ovvero “stabile” (palese utopia), e mettere in atto programmi che ci illudiamo siano in grado di stabilizzarlo. Lo stesso atteggiamento filosofico del materialismo dialettico che i marxisti avevano eletto al rango addirittura di metodo “scientifico” atto a spiegare le dinamiche socioeconomiche e che avrebbe dovuto condurre, mettendo in atto azioni e comportamenti mirati al fine prefigurato, alla perfezione della società comunista (altra palese utopia). Abbiamo visto come è andata a finire. Spostandoci nella dimensione psicologica entrambe gli esempi (e molti altri costellano la storia umana) possono a buon diritto essere interpretati come una disfunzione del processo cognitivo influenzata dall’emotività e dall’affettività. E quale sarebbe la motivazione profonda (emotiva) per l’uno e per l’altro ? Per quanto attiene al clima la motivazione principale dei seguaci della religione ambientalista sarebbe una sorta di senso di colpa che induce ad un pauperismo penitente per emendarsi dal “nuovo peccato originale” rappresentato dai “crimini” della civiltà occidentale: colonialismo, schiavismo, consumismo, capitalismo etc. etc..Per quanto attiene al marxismo si tratta di un sistema filosofico la cui motivazione irrazionale ed emotiva è solo agire, dando loro “dignità culturale”, i… Leggi il resto »
L’ambientalismo è populismo. Ogni “segnale” percepito dai sensi o creato dalla mente, produce tre tipi di effetti: mi piace, non mi piace, indifferente. Lo stesso meccanismo di quando si guarda un oggetto in vetrina. Se piace, mi ingegnerò a trovare spiegazioni logiche per convalidare quella sensazione; lo stesso per quanrto riguarda il non mi piace. Così funzioniamo. Il “problema” è frutto della percezione: chi lo vede e chi non lo vede. la soluzione al “problema”, una volta che si è stabilita l’esistenza di un “problema”, potrebbe anche essere intuitiva, ma non è detto che sia la prima cosa che salta in mente in quel momento. Vi è un laborioso processo per la soluzione dei problemi, si chiama Problem Solving; un processo di varie fasi che parte dall’analisi dei dati. nessuno adotta questo processo! Si limita ad una soluzione che “piace” o “non piace”, ossia una pura e semplice questione emotiva. L’emigrazione è un problema? Dipende da colui che lancia il problema se è capace di suscitare quello stimolo per cui è visto come problema e quindi necessitante di soluzioni. Quali soluzioni? quelle ragionate partendo dai dati? No, quelle che suscitano una emozione. Lo stesso vale per l’inquinamento. Esiste l’inquinamento? Dipende da chi osserva il fenomeno e stabilisce che vi è un problema da risolvere, cercando con discorsi di suscitare quell’emozione… Leggi il resto »