Economia

Perché il salario minimo non ha senso (spiegato facile)

La proposta della sinistra, Schlein in testa, è inutile e ridondante. E gli effetti potrebbero rivelarsi un boomerang

Elly Schlein e salario minimo

Al centro del dibattito ormai da alcuni mesi, la proposta di legge volta all’introduzione nel nostro Paese del salario minimo, sembrerebbe non considerare assolutamente le moltissime variabili di un mercato così complesso come quello del lavoro.

La Direttiva Ue, relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea, non ha previsto, come si vorrebbe far credere, un obbligo di introduzione del salario minimo nei Paesi che ancora non lo prevedono ma impone agli Stati membri in cui la copertura della contrattazione collettiva non raggiunga almeno il 80% dei lavoratori, di prevedere un quadro per la contrattazione collettiva e di istituire un piano d’azione per promuoverla per garantire che i salari minimi siano fissati ad un livello adeguato.

L’Italia è fra i Paesi europei con la più alta copertura contrattuale, già oggi superiore a quanto la direttiva in discussione indica come obiettivo per il futuro.

Nel nostro paese minimi salariali sono già previsti dalla contrattazione collettiva in coerenza con il dettato costituzionale (art. 41).

Ci sembra davvero necessario introdurre un salario minimo per legge? Andando a demandare completamente quello che è il ruolo del Sindacato e Corpi intermedi nonché della contrattazione collettiva?

La Costituzione stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”. Gli stessi padri costituenti hanno dunque chiarito che le variabili sono: la qualità e la quantità del lavoro svolto; lasciando poi il mercato libero di stabilire tale minimo salariale tramite la contrattazione collettiva.

Nessun settore in Italia risulta sprovvisto di contratto collettivo. In Italia in passato gli stessi sindacati si erano mostrati contrari a una misura di tal genere.

Per approfondire

Ciò in quanto una legge che impone un minimo legale va – inevitabilmente – a contrastare con la libertà negoziale che i medesimi sindacati hanno sempre voluto e preteso. Senza contare che, nella maggior parte dei contratti vigenti, il minimo salariale è di gran lunga superiore al minimo proposto di 9 euro lordi all’ora. È evidente quindi che la soglia minima di 9 euro lordi all’ora fissata per legge porterebbe ad uno schiacciamento salariale al ribasso dei salari medi. A conferma di ciò, il CCNL dei rider, siglato da Assodelivery, stabilisce un compenso di 10 euro lordi all’ora, una somma, quindi, più alta rispetto a quanto previsto con il salario minimo.

Una misura del genere avrebbe quale unica conseguenza l’aumento del tasso di disoccupazione, l’incentivazione del ricorso al lavoro irregolare nonché il rischio che molte attività marginali svolte dalle imprese italiane possano cessare per far fronte all’aumento di costi quale diretta conseguenza dell’introduzione del salario minimo legale.

L’introduzione di un salario minimo legale potrebbe avere poi quale effetto diretto un aumento dell’inflazione: infatti, non appare remota la possibilità che le imprese riversino i maggiori costi del lavoro sui consumatori, determinando un aumento dei prezzi ulteriore rispetto a quello che già si è già di recente verificato. Quindi a ben vedere, il salario minimo, qualora venisse introdotto, finirebbe per danneggiare proprio coloro che si propone di aiutare, ovvero i lavoratori stessi.

Senza contare che, al fine di introdurre un salario minimo il più possibile congruo, occorrerebbe ex ante porre in essere una analisi dell’effettivo costo della vita in Italia, analisi che non potrebbe non tenere conto dell’estremo divario che sussiste tra il Nord e il Sud Italia.

La conclusione porta inevitabilmente alla conferma della inutilità e/o ridondanza del fantomatico salario minimo, soprattutto alla luce del fatto che le proposte sul tavolo rischiano di creare un sistema che, benché sembri incentrato su principi di uguaglianza, finirebbe per garantire i lavoratori solo dal punto di vista formale ma non sostanziale.

Gabriele Fava, 19 luglio 2023