Speciale Elezioni Europee 2024

Perché il successo di Schlein è un vantaggio per Meloni

L’analisi dei risultati delle elezioni europee 2024. Meloni rose e fuori, esulta il Pd. Conclamato il tracollo del M5S di Conte

conte schlein elezioni europee

Il risultato non lascia in Italia alcun dubbio. Il primo dato saliente è, vedendo già la scarsa affluenza al Sud, la sconfitta del partito di Conte. Sì, perché ormai di questo si tratta: di un partitino che non raggiunge neppure il 10% e che è centrato solo su Conte. E gli italiani hanno ieri detto di no a Conte.
Grillo è ancora il garante di questo partito. Ci vorrebbe un ultimo scatto di orgoglio: chiedere a Conte di non usare più il simbolo del M5S e certificare la morte di quella esperienza.

La Lega, nonostante il generale Vannacci, è di poco sotto a Forza Italia, e Salvini è stato sfiduciato al seggio nientedimeno che da Bossi che ha dichiarato di votare per il partito di Berlusconi. Senza Vannacci sarebbe andata peggio, quindi per il Vicepresidente del Consiglio non sono proprio rose e fiori.

Rose e fiori sono invece per Meloni ma anche per Schlein. L’opposizione è il Pd, e con questa opposizione Meloni campa cent’anni.

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Vediamo ora i numeri e cerchiamo di fare un’analisi politica.

Fratelli d’Italia è poco sotto il 29% e conferma di essere il primo partito del Paese, con quasi 3 punti percentuali in più rispetto alle politiche di due anni fa. Impressionante la crescita del partito della Presidente del Consiglio in appena 5 anni, passando dal 5-6% del 2019 a quasi il 29% di ieri.

Crescono – seppur di poco – anche Forza Italia e Lega, entrambe sopra al 9%, un po’ di più rispetto alle politiche 2022. Dato saliente sta nel fatto che Forza Italia strappa alla Lega il secondo posto nella coalizione. Insomma, se alle politiche 2022 il centrodestra chiudeva la partita elettorale col 44%, ieri sera l’ha chiusa con circa il 47,7%, quasi quattro punti percentuali in più in poco meno di due anni. Governo e maggioranza si rafforzano e consolidano, con una forte legittimazione elettorale, il diritto a guidare il Paese. La strada per la riforma costituzionale del premierato è così spianata. Se si fosse votato ieri per il referendum confermativo, che non ha quorum costitutivo, il Sì alla riforma sarebbe passato.

Sul versante del centrosinistra la situazione è più complessa. Da un lato si registra un ottimo risultato del Pd, che sale di cinque punti percentuali rispetto a due anni fa (dal 19% al 24%). Schlein fa meglio di Letta ma anche di Zingaretti, che cinque anni fa – pur inglobando Calenda e Renzi – ottenne poco meno del 23%.

Malissimo il M5S, che scende sotto il 10%, il peggior risultato di sempre. Pesa il fatto che i CinqueStelle non hanno candidati forti con le preferenze, ma c’è da dire anche che Conte ha fatto lui personalmente una importante campagna elettorale per il partito. Il risultato è parecchio deludente, anche perché alle europee di dieci anni fa i pentastellati prendevano poco più del 21%, e alle europee di cinque anni fa il 17%. Se ieri il partito ha preso meno del 10%, con Conte in prima linea, vuol dire che la sconfitta è netta.

La guida politica del centrosinistra, questo è evidente, spetta al Partito democratico.

Clamorosa invece la bocciatura della lista Stati Uniti d’Europa di Renzi e Bonino, sotto il 4%. Meno clamorosa invece la bocciatura di Azione, che comunque si avvicina alla lista di Renzi. Se avessero corso in un’unica lista, ce l’avrebbero fatta.

Infine, ottimo risultato per Verdi e Sinistra, poco sopra il 6 e mezzo percento.

Il campo largo (Pd, M5S, AVS), senza Renzi ma con Azione di Calenda, si attesta intorno al 43,84%, circa quattro punti percentuali in meno del centrodestra. Ma in politica, si sa, i voti non si sommano. Si contano.

È evidente che la prossima legge elettorale, se il centrodestra non vuole rischiare, dovrà essere un maggioritario coi collegi uninominali a turno unico (similare all’ex Mattarellum).

I risultati elettorali di stanotte aprono anche analisi ulteriori, che cercheremo di riassumere:

  1. Nessuno tra Renzi, Calenda e Conte ha sottratto un solo voto a Forza Italia, che tiene molto bene la posizione al Centro.
  2. Diminuisce di circa due punti percentuali il distacco tra il primo ed il secondo partito (FdI e Pd), dal 7% del 2022 al 4,8% di ieri. C’è da dire però che ieri Schlein si è mangiata il M5S.
  3. È impressionante la crescita del centrodestra in 10 anni: dal 31-32% delle europee del 2014 al 47-48% di ieri.
  4. Rispetto alle europee del 2014 (dieci anni di tempo sono sufficienti per avere una visione politica), la somma dei voti di Pd e M5S è crollata dal 62% al 34%: 28 punti percentuali in meno. Questo vuol dire che una parte dell’elettorato 5Stelle è tornato al Pd, e un’altra parte (quella nettamente più consistente) si è spostata a destra o è finita nell’astensionismo, che di fatto è il primo partito. Tra originale e fotocopia, l’elettore sceglie sempre l’originale.
  5. I primi due partiti del Paese (FdI e Pd) sono gli unici partiti radicati sul territorio (anche la Lega lo è in realtà, ma è il quinto partito nazionale). Questo vuol dire che i cittadini votano chi è sul territorio, non l’iper-uranio di Conte, Bonino e compagnia cantando.

In merito alle preferenze, Meloni ne ottiene circa 2,5 milioni. Meglio di lei solo Silvio Berlusconi alle europee del 1999, ma all’epoca i votanti furono molti di più. Confermate le aspettative sul generale Vannacci, che porta alla Lega circa mezzo milione di preferenze. A sinistra vanno molto bene Salis e Decaro. Ma per il sindaco di Bari, che in cuor suo puntava a sostituire Elly Schlein alla segreteria del partito, ci sarà da aspettare. L’anno prossimo si dovrà accontentare di sostituire Emiliano alla guida di Regione Puglia. Anche perché prima di lui, in un futuro cambio della guardia alla segreteria Dem, c’è Stefano Bonaccini, anche lui eletto stanotte al Parlamento europeo.

Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 10 giugno 2024

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