La discriminazione è una delle bestie nere delle società democratiche, che hanno fatto della sua sconfitta un baluardo di progresso e civilizzazione. Tuttavia, discriminare significa dire sì a qualcosa e no a qualcos’altro, significa fare distinzioni, stabilire differenze ma, soprattutto, in ultima analisi, discriminare non significa altro che scegliere. Pensare quindi di rimuovere questo concetto equivale ad abolire ciò su cui si fonda la pratica stessa della libertà: ossia la scelta.
Il titolo del libro del professor Block, Le ragioni della discriminazione, potrebbe far scattare un campanello d’allarme. In modo certo provocatorio ma soprattutto analitico e consequenziale, il filosofo ed economista libertario Walter Block spinge la sua difesa della libertà fino a dimostrare che la discriminazione non deve riguardare lo Stato e le sue leggi ma la libera scelta individuale. Lo Stato che regola gusti e preferenze di individui e imprese, mascherandosi dietro potenziali vittime di discriminazione stabilite a seconda dell’emergenza del momento, non mira che a espandere la propria sfera d’influenza a discapito della libertà dei singoli.
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Un tempo, essere discriminanti significava essere in grado di percepire sottili distinzioni. Era un complimento. Ad esempio, dire di una persona che “aveva un gusto discriminante per i vini” significava che aveva un palato fine, in grado di apprezzare le sottili differenze tra diversi tipi e varietà di vino. Un gusto discriminante significava un gusto colto. Non è più così: oggi accusare qualcuno di comportamento discriminante significa insultarlo e calunniarlo. In molti casi significa considerarlo un criminale, poiché in molte società in apparenza civilizzate praticare una discriminazione è contro la legge.
Nel libro Block sostiene sia giunto il momento di correggere questa situazione e di far rientrare il discriminatore nella società civile. E questo perché la discriminazione può non essere piacevole, certo, soprattutto se riguarda l’etnia, le preferenze sessuali, l’età, le disabilità o qualsiasi altro aspetto del genere, ma come libertari, dice Block, non ci interessa la “gentilezza”.
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Block parte da un assunto fondamentale, ossia dal principio di non aggressione secondo cui le persone dovrebbero poter legalmente fare tutto ciò che vogliono, con l’unica eccezione di non attraversare una sorta di linea di confine “aggredendo” individui innocenti. Ossia, non si può uccidere, schiavizzare, rapire, derubare, commettere frodi, aggredire e percuotere, oppure minacciare di compiere uno di questi atti. È lecito prendere a pugni le persone, ma solo se prima hanno accettato di essere prese a pugni, come in un incontro di boxe. Tutti gli atti tra adulti consenzienti dovrebbero essere legalizzati. Questo è il Principio di Non Aggressione (PNA). Ripetiamolo, tutti gli atti tra adulti consenzienti dovrebbero essere legalizzati. Tutte le interazioni tra le persone dovrebbero essere volontarie. Nessuno può costringere qualcun altro ad associarsi con lui, contro la volontà di una persona innocente.
La legge dice che non si può escludere nessuno dai posti di lavoro o dalle università per motivi di razza, sesso, religione, disabilità o qualsiasi altra caratteristica prevista dalla legge stessa. Ma, fermiamoci un attimo a pensare, come fa lo Stato a sapere con certezza che si discrimina o che non si discrimina? Può fingere di leggere le menti e le motivazioni delle persone, cosa verosimilmente impossibile. Per tentare di scoprirlo, spiega Block, ascolta le lamentele e decide se sono valide contando il numero delle persone che le esprimono.
È qui che entrano in gioco le quote, ed esistono poche forme di pianificazione centralizzata più gravi di questa. Le quote, le quote di genere o etniche o di disabilità o di qualsiasi altro tipo, creano risentimento di gruppo e alimentano il conflitto e l’odio laddove non ce n’è alcun bisogno, il tutto in nome di una fantomatica risoluzione dei conflitti e della proibizione dell’odio. Ma questa è la visione della società che i sostenitori delle leggi sulla discriminazione hanno ereditato dai marxisti. L’ironia della politica basata su questa idea è che essa stessa crea il conflitto, come succede con tutte le violazioni della libertà di associazione.
L’alternativa a tutto ciò è quella promossa da Walter Block secondo cui la società di per sé non si fonda sul conflitto ma sulla cooperazione. Certo, esistono i problemi e i conflitti, ma non c’è nessuna istituzione che possa risolverli meglio del libero mercato stesso, ossia della libera interazione delle persone.
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È estremamente raro che qualcuno affronti, come ha fatto Block, una tale questione di petto e offra un’alternativa senza compromessi: abolire tutte le leggi antidiscriminazione perché non hanno alcun senso economico e generano solo conflitti dove non ce ne sono. Questo libro susciterà polemiche? Certamente. Ma non è questo il suo obiettivo. Il suo obiettivo è eliminare una teoria sociale fallimentare e sostituirla con una teoria realistica che si basi sulla genuina preoccupazione per i diritti umani e per il bene di tutti.
Michele Silenzi, 1 gennaio 2024