Sono due le telefonate che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha recentemente avuto con due degli uomini più potenti del mondo: Il presidente Usa Joe Biden e quello russo Vladimir Vladimirovič Putin. E per dirla tutta nessuna delle due è stata facile.
Durante la prima, il Premier israeliano ha comunicato al Presidente Usa che fermo restando gli sviluppi che potrebbero esserci al confine con il libano, l’intensità delle operazioni militari a sud della Striscia di Gaza, dove si trova il grosso di Hamas, andranno avanti a ritmo sostenuto per almeno un altro mese, forse di più. Questo perché se la Casa Bianca vuole che Israele agisca in maniera da colpire il meno possibile la popolazione civile palestinese, l’esercito israeliano ha bisogno di tempo. Questo è ovvio anche agli occhi dei non esperti: non si può agire in maniera chirurgica se si ha il fiato sul collo.
Netanyahu ha anche messo in chiaro ciò che i vertici militari hanno già spiegato sia tramite il portavoce sia per bocca dello stesso Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi e cioè che c’è la netta percezione che Hamas si stia disintegrando. È solo una questione di tempo. Ad aggravare la situazione ci si è messo anche l’ONU. Infatti le Nazioni Unite, che negli anni hanno completamente dimenticato il motivo per cui sono state create, oltre alla testa hanno perso anche quel minimo di credibilità che avevano continuando a condannare Israele per ogni cosa. Poi, come se non bastasse, negli ultimi mesi si sono, di fatto, schierati con il terrorismo.
Difficile a crederlo, ma basta un minimo di onestà intellettuale per capirlo e accettarlo. Se l’Onu è diventato un nemico attivo, Israele ha bisogno dell’appoggio Usa e del suo veto anche in questo ambito. L’ultima iniziativa, sventata dagli Stati Uniti, è stata il tentativo di imporre a Israele un cessate il fuoco che avrebbe dato ai terroristi altro tempo dopo quello che hanno avuto durante il cessate il fuoco. Tempo che avrebbe avvantaggiato Hamas e allungato sia la guerra che la lista delle vittime, da l’una e dall’altra parte.
Ma non è tutto, è stato da poco pubblicato un video dove si vedono i jihadisti di Hamas che sottraggono a dei civili i sacchi con il cibo a loro destinato, si vede mentre lo caricano su un tender per portarlo in una base e poi li prendono a bastonate per zittire le proteste o, addirittura, si impossessano di camion interi non appena questi entrano all’interno della Striscia di Gaza. In un altro video si vede il lancio di missili verso Israele da aree che sono state segnalate ai civili palestinesi come protette. Anche in questo caso è chiara l’intenzione di creare la strage da usare come propaganda.
Ma è proprio sul fattore tempo che Netanyahu ha preteso dall’alleato il massimo appoggio. A Gerusalemme sono tutti convinti che Hamas non può resistere ancora a lungo alla pressione militare israeliana, e per questo motivo è fondamentale che l’esercito continui ad operare senza sosta nella Striscia di Gaza finché i capi non si saranno arresi o eliminati. Israele vuole la completa distruzione di Hamas, tregue o cessate il fuoco servono per trattare con il nemico, ma dopo la strage del 7 ottobre scorso non esistono più margini di trattativa con gli assassini.
Se la prima telefonata è stata complicata la seconda è stata di fuoco. Da quando la Russia si è avvicinata all’Iran degli Ayatollah, i rapporti fra Mosca e Gerusalemme sono ai minimi storici. Anche la cooperazione militare in Siria è saltata completamente al punto che gli aerei israeliani che operano per impedire il passaggio di armi iraniane a Hetzbollah, hanno ormai segnate le rampe antiaeree russe S400 come obbiettivi nemici da colpire in caso di azione ostile. Fino ad ora i russi non hanno eseguito azioni ostili e, almeno per il momento, si è evitato lo scontro aperto.
Rimane però che tutto è legato a un filo sottilissimo al punto che durante la telefonata con il presidente russo, Benjamin Netanyahu ha espresso il suo disappunto per le posizioni presentate dai rappresentanti russi all’Onu contro Israele. Ha anche aggiunto che se la Russia avesse subito un attacco simile a quello che ha subito Israele il 7 ottobre scorso, Mosca avrebbe agito in modo ancora più aggressivo di quello che sta usando Israele in questi giorni.
Netanyahu ha anche criticato Putin per la cooperazione tra la Russia e l’Iran diretta contro Israele, e gli ha anche ricordato che, nonostante le enormi pressioni americane e ucraine, Gerusalemme non ha fornito a Kiev i sistemi d’arma di cui l’esercito ucraino aveva bisogno per fronteggiare gli attacchi aerei russi. In tutta sostanza batterie Iron Dome e Fionda di David. Rimane che se la Russia dovesse effettivamente rinnovare le forze aeree dell’Iran con i suoi aerei di ultima generazione Su-35, Yak 130 e Mil Mi-28, tutta quella parte di tecnologia bellica che USA e Israele hanno sviluppato insieme, e che fino ad ora non è stata messa a disposizione di Kiev proprio per l’opposizione israeliana, potrebbe avere il via libera.
Molti potrebbero pensare, e giustamente, che in questo caso è il piccolo che minaccia il grande. Negli ultimi anni però il grande ha dimostrato, potenziale nucleare a parte, di non essere così potente come lo si immaginava, mentre il piccolo, potenziale nucleare a parte, non è così piccolo come sembra.
Michael Sfaradi, 12 dicembre 2023