Cronaca

Perchè la sentenza sul Ruanda non c’entra niente coi migranti in Albania

La Corte Suprema britannica ha bocciato il piano Ruanda di Sunak, ma per l’Italia non cambia nulla

Sunak Meloni migranti Ruanda Albania © omersukrugoksu tramite Canva.com

Schiaffo a Rishi Sunak: la Corte Suprema britannica ha bocciato il piano Ruanda messo a punto dal governo conservatore. I cinque giudici del tribunale di ultima istanza del Regno Unito hanno all’unanimità dichiarato illegale il contestatissimo progetto che prevede il trasferimento in aereo di quote di richiedenti asilo in Africa a scopo dissuasivo. Le toghe hanno motivato la bocciatura – già arrivata in Corte d’appello – con la mancanza di sicurezza in un Paese terzo come il Ruanda. Entrando nel dettaglio, è possibile che le autorità di Kigali rimandino i migranti nel Paese d’origine da cui sono fuggiti: in questo modo il controverso progetto violerebbe le leggi sui diritti umani, esponendo i migranti coinvolti a enormi rischi. Una sentenza che ha entusiasmato la sinistra italiana, che immagina un epilogo simile per l’intesa sui migranti firmata dal governo con l’Albania. Speranze vane.

Subito dopo la sentenza della Corte Suprema britannica, qualche esponente rosso ha subito tirato fuori il protocollo Italia-Albania, pronto a dare battaglia e a festeggiare una possibile bocciatura da parte di qualcuno. Ma la prima batosta è arrivata pressochè subito, perchè la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, ha affermato che l’accordo tra Roma e Tirana non viola alcun diritto: “La valutazione preliminare del nostro servizio giuridico dell’accordo tra Italia e Albania è che non si viola il diritto comunitario, è al di fuori del diritto comunitario”. Ma non è tutto.

Molti hanno puntato il dito sulle similitudini tra i due accordi, ma in realtà è impossibile ipotizzare una sentenza simile nei confronti di Roma. Innanzitutto perché i giudici della Corte Suprema si sono limitati ad appurare la sicurezza del Ruanda per i migranti, senza andare oltre. E possiamo dire con una considerevole certezza che Ruanda e Albania hanno poche cose in comune. Nonostante qualche sparata dei soliti soloni, a Tirana non sono mai stati documentati centri di detenzione illegale oppure episodi di torture e maltrattamenti nei confronti dei migranti.

Non solo. Mentre Londra intendeva spedire i migranti in Ruanda con un “biglietto di sola andata”, facendo così in modo che – anche qualora avessero ottenuto il diritto d’asilo – sarebbero comunque rimasti in Africa, il protocollo Roma-Tirana è diametralmente diverso. L’Albania infatti “fornisce” al Belpaese solo due aree dove costruire due centri di permanenza gestiti interamente dalle autorità italiane, dove varrà la giurisdizione italiana e non albanese. Inoltre l’Italia dovrà occuparsi – una volta finite le pratiche di asilo – di rimpatriare in Italia (se profugo) o all’estero (se illegale) il migrante.

Vi è un unico tratto comune tra i due casi, completamente slegato rispetto alla sentenza di ieri, ossia la Corte europea dei diritti dell’uomo. Come nel caso del Regno Unito, Italia e Albania dovranno fare i conti con le valutazioni della Cedu, che non si occupa dell’aspetto tecnico-formale ma del rispetto dei diritti umani. A differenza del Ruanda, però, Tirana può garantire una certa tranquillità, considerando che parliamo di un Paese candidato all’adesione all’Ue.