Esteri

La sentenza negli Usa

Perché la sentenza sull’aborto è il trionfo della democrazia

La descriveranno in tutti modi: guerra civile, attentato alle donne, violenza contro chi intende interrompere la gravidanza. Inutile, oggi, leggere i giornali italiani: troppa tifoseria. Perché a ben vedere la sentenza della Suprema Corte americana è il trionfo della democrazia. E solo chi è accecato dall’ideologia non può non capirlo.

Primo punto: la sentenza di ieri che annulla la precedente Roe vs Wade del 1973 non abolisce tecnicamente l’aborto. Solo stabilisce che non esiste un “diritto costituzionale” che gli Stati Uniti, a livello federale, devono riconoscere. In sostanza, permette agli Stati di legiferare come meglio credono. In 13 sono pronti a varare una legge che cancelli l’interruzione di gravidanza, o la limiti fortemente. Embè? Uno dei principi della democrazia, anzi direi quello fondativo, è che la maggioranza legifera e la minoranza subisce le leggi. Il tutto finché i ruoli non si invertono. L’America dail 1973 ad oggi è cambiata: l’elezione di Trump ne è la dimostrazione. Se dunque in 13 Stati americani la maggioranza degli elettori ha votato un partito (quello Repubblicano) il quale ha promesso loro di abolire l’aborto, è dovere degli eletti approvare una legge in questo senso. Si tratta del banale rispetto del mandato elettorale. E poco importa se la legge piace o non piace ai giornali, ai grandi media, agli intellettuali e ai vip: il popolo vota, il parlamento legifera. Fine.

Secondo punto: potreste dire che l’aborto dovrebbe essere un diritto costituzionale. Va bene. Allora andatevi ad aprire la “Costituzione più bella del mondo” (ciao core), ovvero quella italiana. Fate una ricerca per parole. Trovate per caso i “aborto”, “interruzione di gravidanza” o simili? No. Anzi: la nostra Carta, all’articolo 31, “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù”. Qualcuno s’è forse scandalizzato che non vi sia un diritto costituzionale all’aborto? No, ovviamente. Esiste una legge, la 194, che lo regolamenta: è stata votata da un parlamento, sigillata da un referendum e dunque va rispettata. Allo stesso modo, una legge determinerà nei vari Stati americani come bisognerà comportarsi: a New York, a maggioranza democratica, si continuerà ad abortire; in Texas, a maggioranza repubblicana, magari no. Nulla di strano: è la democrazia.

Ecco perché conta davvero poco, oggi, discutere se sia giusto o meno garantire l’aborto alle donne. Non entreremo nel merito: il dibattito è serrato da decenni e tocca questioni decisamente spinose. Il punto è che non c’entra nulla con quanto sentenziato ieri dalla Corte Suprema americana. Qui si lascia solo agli Stati, cioè agli elettori, ovvero al popolo, il potere di decidere come regolamentare la convivenza civile all’interno dei propri confini. Nessuna “libertà negata”, anzi. L’esatto contrario.