Perché l’auto elettrica è un piano di stampo socialista

Gli scritti di Sergio Ricossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

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ricossa auto elettrica ue

Una delle attività preferite da politici e giornalisti è quella di improvvisarsi economisti: i primi, sviluppando piani pluriennali per lo più disastrosi; i secondi, spiegando e decantando i suddetti piani senza averli capiti.

L’economia è materia complessa trattando di questioni in cui le variabili sono praticamente infinite. Se presentassimo un sistema di equazioni con un numero infinito di variabili al migliore dei matematici, qualche difficoltà nel risolverlo le avrebbe persino lui. Eppure si continua con la predisposizione di piani pluriennali con i quali si spende denaro pubblico (cioè denaro altrui) per imporre scelte ideologiche il più delle volte rivelatesi fallimentari nel corso della storia economica. Politici ed economisti perfettisti che ogni volta ripropongono ricette con le quali ambiscono a sostituirsi al Padreterno.

Leggi le precedenti puntate:

  1. Il cancro dei bonus: tutto “gratis” per poi pagarlo il doppio
  2. Bigottismo marxista, Stalin, censure: perché è bene diffidare dai comunisti “liberatori”
  3. Disoccupati per colpa dell’AI? Non si può fermare il progresso

Scriveva Sergio Ricossa nella sua introduzione al volume Cosa si produce, come e per chi (Giappichelli Editore):” Non bisogna dimenticare che la scienza economica è relativamente giovane: Adam Smith, che è considerato uno dei primi grandi economisti, visse circa due secoli fa, quando altre scienze erano già mature. Le più evolute sono le scienze sperimentali, quelle in cui è possibile fare esperimenti in laboratorio. Un fisico, che voglia controllare di quanto si dilata una sbarra metallica a causa del calore, può facilmente variare a piacere la temperatura, e nient’altro.

Ma un economista che voglia indagare in che modo il numero dei figli influisca sulla ricchezza e sulla povertà delle famiglie, non può fare un esperimento simile. La dimensione di una famiglia non si cambia ad arbitrio, e quand’anche si cambiasse, passerebbe del tempo e muterebbero insieme e senza possibilità di controllo mille altre cause, che influiscono sulla ricchezza e sulla povertà. L’economista è costretto a studiare solo quello che la storia gli offre, e a studiarlo fuori dai laboratori, in una realtà molto complicata e sempre mutevole, dove tutte le cause sono mescolate insieme, ed è difficile dire quali cause siano le più importanti e quali meno”.

Epoche diverse hanno prodotto ricette diverse, alcune della quali hanno generato regimi dittatoriali, fame e arretratezza, mentre altre hanno creato sviluppo tecnologico, economico e sociale: “A chiunque studi la storia del pensiero economico, è d’altronde evidente che esso ha attraversato fasi ed epoche diverse. Ogni epoca è stata caratterizzata da una particolare scelta dei problemi da analizzare e da un particolare insieme di risposte a essi fornite (o, come suol dirsi, da un particolare “paradigma”); a fronte delle posizioni predominanti, ci sono state in ogni tempo posizioni minoritarie, rappresentate da pensatori dissidenti ed eretici, e talvolta gli eretici di un’epoca sono divenuti gli ortodossi dell’epoca successiva” [Ibid].

Non si guarda alla effettiva crescita prodotta in precedenza, si continua invece a programmare un futuro idilliaco sulla base di chimere ideologiche, sperando di piegare una realtà complessa nelle maglie semplificate di ricette per “anime belle” (cose da niente, come ad esempio salvare il clima del pianeta imponendo, su scala continentale, l’acquisto di auto elettriche con relativo bonus, oppure abolire la povertà per decreto distribuendo arbitrariamente denaro altrui, oppure stabilire i prezzi dei beni in base agli umori delle categorie di riferimento del politico di turno, et cetera).

Scriveva ancora Ricossa: “Poiché il mondo è troppo complicato per spiegarlo nei minimi particolari, occorre semplificare la descrizione e l’interpretazione, ma ciascuno semplifica a modo suo, ciascuno fornisce il suo modello interpretativo della realtà. A volte è possibile dire quale sia la teoria migliore: sarà quella che mostra e spiega il maggior numero di regolarità nei fatti, o le spiega con più rigore, con più semplicità, con più eleganza, o spiega i fatti più difficili da spiegare, i più sorprendenti, i più gravidi di conseguenze politiche, o permette la previsione di maggiore successo. Sicuramente, per scegliere fra diverse teorie alternative, bisogna stare attenti a che esse non siano smentite dai fatti più rilevanti”. [Ibid]

E invece, puntualmente, più hanno creato illusioni, più hanno prodotto povertà, arretratezza, debito e spese folli devastando i bilanci statali e generando inflazione, e più vengono riproposte come perfette formule per realizzare il paradiso in terra. I governi e le strutture sovranazionali sono sempre al lavoro per impegnare quantità enormi di denaro pubblico raccolto dai sudditi contribuenti, finanziando piani pluriennali che finiscono quasi sempre per dimostrarsi in gran parte irrealizzabili, ma che consentono di continuare a giustificare l’esistenza di apparati e burocrati che vivono di questo.

Fabrizio Bonali, 24 giugno 2024

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